FANTASCIENZA STORY 96

LA “MODA” DELL’ECOLOGIA (1970) – PARTE 01

L’ecologia è stata “scoperta” dai mass media e quindi dal grande pubblico negli ultimi trent’anni; è divenuta luogo comune da venticinque, cioè dall’epoca della “crisi energetica” conseguente la situazione politico-militare del Medio Oriente. Oggi non c’è persona che non sappia, almeno approssimativamente quali sono i problemi studiati dall’ecologia: ma sino a qualche anno fa soltanto gli scienziati e gli appassionati di fantascienza ne conoscevano l’esistenza.

Le opere di science fiction imperniate su problemi di ecologia terrestre ed extraterrestre non si contano, come non si contano i personaggi di romanzi e racconti di professione “ecologici”. E’ una tematica questa che risale agli esordi del genere, negli Anni Trenta, e ha illustri esempi, anche se spesso di tipo “catastrofico”.

2000: LA FINE DELL’UOMO (No Blade of Grass)

Il titolo originale di questo film è assai più pertinente al soggetto della storia. No Blade of Grass (Nemmeno un filo d’erba) è infatti tratto dall’omonimo romanzo di John Christopher, noto anche come The Death of Grass (1957) e poi tradotto in Italia come Morte dell’erba. Lo scrittore inglese immagina che, a causa dell’inquinamento, non vi sia più la possibilità di coltivare i campi e che l’erba muoia in misura sempre più allarmante. E’ dunque la carestia mondiale. Un gruppo di sopravvissuti cerca di raggiungere una valle lontana dove, in una fattoria, risiede il fratello del capo della spedizione.

L’avventuroso viaggio avviene tra scontri con bande rivali, stupri, combattimenti, violenze di ogni genere.

E’ una pellicola ben girata, ma assolutamente gratuita, con addirittura una scena di parto al “naturale” che, almeno secondo le intenzioni del produttore-regista Cornel Wilde (1912 – 1989), voleva richiamare alla memoria l’insperato successo del film Helga.

La pellicola è interpretata da Nigel Davenport (1928 – 2013) il quale, non si capisce bene perché, sfoggia una benda su un occhio quasi fosse un truce capo dei pirati che guidi alla carica i suoi uomini.

In effetti l’atmosfera, almeno parzialmente, non è molto diversa, in quanto il gruppo per raggiungere l’agognata meta deve passarne di tutti i colori. Nemmeno una volta giunti alla fattoria ci sarà tranquillità, perché non a tutti viene concesso di entrare: lo può soltanto chi era stato invitato in precedenza.  Nell’inevitabile scontro a fuoco che ne deriva, il fratello del protagonista e un paio dei suoi più convinti sostenitori vengono eliminati: i superstiti dei due gruppi si uniscono per cercare di ricostruire sul poco che è rimasto.

Al regista-produttore piace soffermarsi su lunghe e in alcuni casi noiose carrellate di corsi d’acqua inquinati e ricoperti di schiuma, di cieli oscurati da ciminiere che ammorbano l’aria, con erba gialla e malaticcia. Inoltre, mediante insistenti e rapidi flash-back, ci mostra “quello che succederà”, il che lascia non poco sconcertato lo spettatore.

Malgrado queste lungaggini, la pellicola resta interessante e dotata di una sicura presa: essa apre inoltre alla fantascienza cinematografica una nuova strada (naturalmente già da tempo battuta dalla science fiction letteraria).

(1 – continua)

Giovanni Mongini