ACQUA ALLA GOLA 06

Due mesi dopo

(Roberto)

Enzo si siede al nostro tavolo pulendosi la bocca con la mano. Siamo in un angolino nascosto di un bar di periferia, una luce fredda corre lungo la parete scrostata dietro di noi.

Lo guardiamo con fare interrogativo, i volti tesi.

Enzo tocca con la mano la tasca interna del giubbotto.

- Sono qui.

L’aria si distende, ci avviciniamo tutti e tre con il busto al tavolo.

- Ordinate ora? – sentiamo provenire dal corridoio.

- Sì, tre birre e qualche stuzzichino.

- Faccia anche una bottiglia di vino.

- Ok, arrivo.

Sul muro davanti a noi c’è la gigantografia di Valeria Marini durante le riprese di qualche cine-panettone.

- Sui giornali? Hanno scritto qualcosa della vecchia? – chiede a mezza bocca Enzo.

Vittorio passa il palmo della mano sul tavolo, come a dire “Silenzio tombale”.

- Tu, Enzo? qualche domanda sospetta, in banca?

- No.

- Nei vari uffici dello Stato?

- Nemmeno.

- Come entrare gratis a Gardaland – chiude il venditore ambulante.

- Eccovi il vostro bell’aperitivo – irrompe al tavolo il cameriere.

- Alla nostra salute – portiamo in alto i calici stracolmi di birra.

- Al nostro futuro.

- Alla nostra vita.

Quando abbiamo sgolato il boccale di birra, Vittorio si gira verso Enzo:

- A proposito di vita, come va all’Outlet? Ti senti più sereno, ora che hai il culo al caldo?

- Outlet? Ma quale Outlet? Mi sono licenziato tre settimane fa. Piuttosto, alzatevi da questo schifo di buco, venite con me.

Usciamo dal bar seguendo Enzo in fila indiana. L’aria della sera sta lentamente cambiando. Non è più quel freddo intenso che c’era nel cuore dell’inverno. Ora un vento sottile si espande lungo le strade, ad ogni ora della notte.

Dall’altro lato della strada c’è parcheggiata una Audi A6 bianca nuova di zecca. Sia io che Vittorio ci troviamo a squadrarla con gli occhi.

- Allora, cosa ne pensate del mio gioiello?

Enzo la apre con un segnale del telecomando e l’auto emette un rumore elettronico accompagnato dal pulsare delle quattro frecce.

Vittorio ed io ci guardiamo senza sapere cosa dire.

- Dai, bambolotti, balzate su, che qui si gela! – fa aprendo la porta del conducente.

Ci infiliamo dentro l’Audi A6 come due bambini che stanno andando alla gita scolastica. Enzo ingrana la prima e fa partire un disco dei Killers. La città scorre frenetica sui vetri nuovi fiammanti dell’Audi. Un carnevale di luci che si riflette opalescente, patinato e omologato sulla superficie perfetta del vetro, levigata e orizzontale. Nessuno riesce a pronunciare una parola. Non riesco nemmeno a voltarmi a guardare Vittorio, che è seduto sul sedile posteriore e starà pensando chissà a cosa, forse avrà i miei stessi brutti pensieri.

La corsa si ferma di fronte a un palazzone nel centro della città. Un edificio con i muri in marmo chiaro, le persiane pitturate a nuovo e un immenso ingresso con la tendina verde.

- Eccoci arrivati.

Senza far uscire una parola varchiamo l’uscio del palazzo e ci infiliamo in un ascensore con il vetro sui tre lati. Al sesto piano scendiamo e la nostra guida infila le chiavi in una toppa. La porta si spalanca ed entriamo in un loft open space dipinto di fresco, il mobilio lussuoso e ancora illibato, ai muri rappresentazioni di arte informale e qualche quadro dipinto dallo stesso Enzo. Nella direzione della finestra centrale, che si affaccia su un ampio terrazzo verandato, troneggia un divano ad angolo in pelle, con quattro posti a sedere, e una tv sottilissima al plasma che copre l’intera parete.

- Allora, cosa ne dite della mia nuova maison?

Lo fissiamo increduli. Probabilmente, ci stiamo domandando se Enzo ci abbia fregati o se sia completamente impazzito.

- Enzo, ma i soldi!? – sbotto io.

L’ex venditore di articoli motociclistici mi fissa da un punto lontano, con un sorriso noncurante stampato sul volto.

- Già. Qualche piccola spesa – fa voltandosi e andando ad armeggiare nell’angolo cottura.

Fa ritorno con tre bicchieri da champagne in mano. Ce li passa.

- Alla nostra vita – propone.

Noi rimaniamo con i bicchierini in mano.

- Senti, ma non capisci? – Vittorio riesce finalmente ad articolare un discorso – Quei soldi non potevi spenderteli! Erano per noi, per vivere! Ti sei dimenticato il nostro patto?

Nuovamente, Enzo fissa l’amico da un punto molto lontano, come se quelle parole non lo avessero mai riguardato, come se non le avesse mai udite prima in vita sua.

- Sì, Enzo, ma sei rincoglionito? – carico io – Quanti soldi del cazzo hai speso? Ma non hai capito che quei soldi andavano investiti, che ci servivano a campare ogni mese tutti e tre?

Mi giro verso Vittorio, cercando in lui consenso. Negli occhi dell’amico intravedo una rabbia profonda, tutta incanalata nella direzione del giovane ereditiere.

- Ragazzi, i soldi sono qui – si tocca nuovamente la tasca interna del giubbotto – un bell’assegno liquido liquido fresco fresco.

- Già ma dovevano essere tutti e ottocento – digrigna i denti Vittorio.

- Ma ragazzi… – alzando le mani al cielo – cosa vi posso dire? Volevate che continuassi a vivere con quegli zombi dei miei? Volevate che non mi comprassi nemmeno una macchina nuova? – allarga un sorriso di miele – In fondo, quei soldi sono i miei soldi!

Torino. L’androne di un vecchio e lussuoso palazzo del centro.

- Allora siamo in buone mani?

- Ma certo, qui si viaggerà alla grande.

- Ci possiamo fidare? E’ gente seria?

- Li hai appena conosciuti.

- Già. Ma frutteranno bene, Roby?

- Tu non ti devi preoccupare di nulla. Pensa solo a non fare più spese, a non fare più cazzate.

Enzo e io parliamo nascosti dietro una colonna di marmo, il traffico fuori rimbomba nell’androne e sembra il vociare del mare.

- Senti – gli faccio prendendolo per un braccio – con le tue spese ne abbiamo fatti fuori tanti, di soldi. Ora non possiamo più sbagliare.

- Sì, sì, ho capito, sì.

- Sì un corno. Hai fatto fuori 300 mila euro per i tuoi sfizi! Ce ne restano 500. Ma se gli investimenti vanno per il verso giusto, con 500 mila ci assicuriamo ancora mille e cento euro al mese a testa. Un discreto stipendio.

- Infatti – Enzo si aggiusta il cappotto, come a dire “Visto che tanto panico per nulla”.

- Sì, però ascolta – lo faccio scrollandolo per la giacca – sotto i cinquecento testoni, qui non ci pigliano più come clienti, lo sai?

- Lo so, lo so – Enzo si allontana un poco da me.

- Siamo al punto di non ritorno.

- Lo so, tranquillo.

- Lo sai davvero?

- Sì, sì.

- Ecco, allora se lo sai che questo è il solo modo per camparci tutti e tre, vedi di non spendere più soldi.

(6 – continua)

Daniele Vacchino & Davide Rosso