RAFFAELE NIGRO… E IL REALISMO MAGICO

Prendere parte a una lezione di scrittura è sempre molto stimolante. Se poi nella funzione di maestro vi è un narratore prestigioso ma anche un grande affabulatore come Raffaele Nigro, allora la cosa diventa interessante e godibile.

“La scrittura tra cronaca e narrativa” è stato il tema trattato dallo scrittore e giornalista lucano, vincitore del Premio Supercampiello nel 1987 e già caporedattore della Rai Puglia, nel corso di una giornata di studio recentemente organizzata a Potenza dall’Ordine dei giornalisti di Basilicata, nell’ambito della formazione professionale continua. I lavori sono stati introdotti dal presidente dell’Ordine Mimmo Sammartino il quale ha sottolineato come sia fondamentale l’utilizzo dei giusti codici di scrittura per le varie narrazioni sia sotto il profilo della cronaca giornalistica, sia sotto gli aspetti più propriamente narrativi. Vale la pena fare presente che Mimmo Sammartino, oltre che giornalista, è uno stimato scrittore che quest’anno con “Il paese dei segreti addii” (Edizioni Hacca) è stato candidato al Premio Strega; in proposito Nigro ha definito il suo testo “romanzo condotto con gusto fiabesco e lirico” (sul libro di Sammartino ritorneremo prossimamente in un altro articolo).

Nei diversi passaggi della sua relazione Raffaele Nigro ha evidenziato l’importanza, per chi si occupa di scrittura, di osservare e prendere sempre appunti “sul grande libro del mondo” che ci sta attorno. Per questo è necessario portare sempre con sé un taccuino di viaggio al fine di segnare le cose che si vedono e che ci colpiscono. “Occorre – ha poi aggiunto – contemporaneamente leggere dentro di noi per capire il mondo che abbiamo interiormente. Dall’interno e dal dialogo con la nostra mente nasce la lettura filosofica e questa nostra lettura fornisce i vari linguaggi”. Lo scrittore ha poi effettuato una disamina sulla società attuale che ritiene essere “di sintesi” e non “analitica”, per spiegare la quale viene  utilizzato un linguaggio che Nigro definisce “giornalese” con non più di 200 vocaboli. Quanto alla differenza tra cronista e narratore il primo osserva e riporta, mentre il secondo  deve creare altri mondi, offrire l’inverosimile, presentare una propria verità, allargare il linguaggio, scendere nell’analisi e comunicare non un sapere ma un potere, ossia un’emozione in chi lo legge. Infatti, il fondamento della letteratura è il sentimento che, in definitiva, deve contagiare il lettore.

A questo punto va detto che la letteratura di Raffaele Nigro è intrisa di un linguaggio tutto personale, un vero guazzabuglio linguistico supportato da un’inesauribile vena creativa. Nella sua scrittura ci sono la grande favolistica medievale, le leggende e l’intreccio tra i miti e l’ancestrale cultura contadina meridionale.  Egli, infatti, tratta sempre storie che appartengono al Sud del mondo, che ricordano quelle sudamericane di Garcia Marquez, Borges e Amado, scrittori cui è stato più volte accostato, tra ironia, surreale e metafore che accompagnano il lettore all’interno di onirici e sconfinati scenari.

Raffaele Nigro è originario di Melfi, suggestiva città della provincia di Potenza storicamente nota poiché fu dal suo castello che il grande imperatore Federico II di Svevia promulgò, nel 1231, le illuminate leggi definite Costituzioni melfitane. Dopo aver ricevuto il sopracitato Supercampiello con il romanzo antropologico “I fuochi del Basento” (Edizioni Camunia) considerato il suo capolavoro letterario, tra i più importanti riconoscimenti gli sono stati anche assegnati: il Premio Carlo Levi (1991) con “La Baronessa dell’Olivento” (Edizioni Camunia), il Premio Grinzane Cavour (1993) con “Ombre sull’Ofanto” (Edizioni Camunia),  il Premio Cesare Pavese (2000) con “Diario Mediterraneo” (Edizioni Laterza) e il Premio Flaiano (2005) con “Malvarosa” (Rizzoli). Inoltre, nel 1997, Nigro è stato finalista al Premio Strega con  il romanzo “Adriatico” (Edizioni Giunti). In occasione della lezione di scrittura lo abbiamo intervistato.

RAFFAELE, ANZITUTTO GRAZIE PER AVER ACCETTATO DI RISPONDERE ALLE NOSTRE DOMANDE.  QUANTO DI FANTASTICO C’E’  NELLA TUA NARRATIVA?

Più che di fantastico possiamo parlare di realismo magico. Nei miei romanzi c’è una fantasia che nasce dalla cultura popolare e dalle credenze arcaiche, per cui ha un valore più antropologico che di invenzione tout court.

IN PROPOSITO, NELL’INTRODUZIONE ALLA TUA RACCOLTA  DI RACCONTI “IL PIANTATORE DI LUNE” (RIZZOLI, 1991), IL CRITICO LETTERARIO GENO PAMPALONI SCRIVEVA DI UN INTRECCIATO RAPPORTO TRA MITO E MERIDIONE…

Quei racconti provenivano dalle letture di Jonathan Swift (l’autore irlandese del celebre romanzo “I viaggi di Gulliver”, ndr)  e, però, ognuno di quegli scritti fa ricorso al fantastico e ha una funzione ideologica, una funzione quasi sempre filosofica  o politica e dunque il fantastico viene utilizzato per spiegare qualcosa o per dare senso a qualcosa.

PARLANDO DI PERCORSI VISIONARI NEL SUD DEL MONDO C’E’ IL BEL ROMANZO “FERNANDA E GLI ELEFANTI BIANCHI DI HEMINGWAY” (RIZZOLI, 2010), VINCITORE DEL PREMIO PISA NEL 2010, IN CUI  IMMAGINI UN VIAGGIO DEL GRANDE SCRITTORE AMERICANO IN LUCANIA A CACCIA DI UN MAMMUT.

Ho fatto parte con Michele Prisco, Gino Montesanto, Tano Citeroni, Federico Roncoroni e Fernanda Pivano della giuria del Premio Piero Chiara. La Pivano ci aveva sempre parlato di Hemingway (del quale fu traduttrice, ndr) e ci raccontava tante vicende, tante cose a cui lei aveva assistito. E allora Fernanda Pivano mi ha ispirato e mi sono inventato la storia del viaggio di Hemingway in Basilicata a caccia di un mammut, che rappresenta una cultura arcaica antichissima e moribonda contro la quale Hemingway punta il fucile ma a poi non è capace di sparare.

INVECE NEL “ CUSTODE DEL MUSEO DELLE CERE” (RIZZOLI, 2013) – PREMIO CARICAL CULTURE DEL  MEDITERRANEO NEL 2015 – AMBIENTATO A BARI, FAI RIVIVERE TANTI PERSONAGGI STORICI LE CUI STATUE SI RIANIMANO PER RACCONTARE EPISODI  DELLA LORO VITA.

Lì l’invenzione è il museo delle cere che ovviamente non esiste a Bari. Però a me serviva per infilare personaggi storici e per poter dire che la Storia è un insieme di tanti popoli,  conquiste, ribellioni e che ogni dinastia, ogni famiglia, ogni cultura nel momento in cui scompare dà a quella che la assimila ciò che ha prodotto. In questo modo ho la possibilità di raccontare tanti finali di partita e circostanze nel momento del loro trapasso. Ma anche tante individualità come per esempio quella di Carmelo Bene (attore, regista e drammaturgo pugliese scomparso nel 2002, ndr) che nel momento in cui sta morendo racconta come lui abbia combattuto durante la sua vita tutte le forme di classicità e la tragedia è che poi lui stesso è diventato un classico.

E ADESSO COSA STAI PREPARANDO?

Mille cose! Ho appena finito un dizionario etimologico del dialetto della mia città: Melfi. Quando da Bari sono tornato a Melfi ho notato che il dialetto era quasi morto perché tutti i giovani che vengono a lavorare nel grande stabilimento Fiat hanno portato un “italiese giornalistico”,  pertanto ho capito che il dialetto è spacciato e mi sono detto “faccio un atto di poesia e raccolgo in un libro 10-15 mila vocaboli dialettali a futura memoria”. Magari servirà solo a qualche studioso. Inoltre, sto lavorando a testi su poeti e scrittori lucani del ‘500, ‘600 e ‘700 di cui posseggo opere inedite. E poi sto scrivendo un nuovo romanzo sulla felicità: è ambientato in parte a Putignano, in provincia di Bari,  nel paese dei cartapestai, dove immagino sia stato creato un “Assessorato all’allegria e alla felicità”. Durante uno dei cortei del popolare Carnevale di Putignano si presenta una compagnia di suonatori con un gruppo di danzatrici provenienti da Marrakesh e il mio protagonista si invaghisce di una delle danzatrici. Dopo la festa la compagnia se ne torna a Marrakesh e il protagonista  farà di tutto per portare i carri del Carnevale di Putignano a Marrakesh per rivedere la ragazza e per portare lì la felicità occidentale. Attraversando il Mediterraneo con questa nave della felicità incontra altri barconi che salgono da Sud e che vengono a loro volta da noi a caccia di felicità. Insomma, a modo suo, ognuno cerca la felicità!

UN’ALTRA STORIA MEDITERRANEA, QUINDI, CHE SI DIPANA TRA VIAGGIO, REALTA’ E FANTASIA. SIAMO CERTI CHE RAFFAELE NIGRO, MAESTRO DEL REALISMO MAGICO, RIUSCIRA’ ANCORA UNA VOLTA A STUPIRCI!

Filippo Radogna