ESILIO

Il Presidente del Tribunale sta per leggere la sentenza. Quanto mi daranno? 20 anni? 50 anni? Oppure la morte? Non ho proprio idea. Del resto gli avvocati hanno fatto di tutto per non farmi condannare, ma purtroppo non ci sono riusciti.
“Signor Antonio Silenzi, lei è accusato di avere rapinato la Banca d’Italia, inoltre mentre fuggiva con i soldi ha ucciso due persone ed una guardia giurata. La Corte la dichiara pertanto colpevole di omicidio e rapina a mano armata e la condanna all’esilio”.
I Carabinieri mi prendono sottobraccio e mi spingono verso l’uscita dell’aula. Mentre salgo sul cellulare penso che forse mi manderanno in Russia, o in America, o in qualunque altro posto, comunque in Italia non posso più starci.
E non rivedrò più mia moglie, i miei figli, i miei amici.
Il cellulare cammina per circa un’ora, poi entra in uno strano edificio.
I Carabinieri mi prendono sottobraccio di nuovo e mi fanno scendere dal furgone. Vengo condotto in una stanza dove un signore siede dietro una scrivania.
“Benvenuto signor Silenzi! La stavo aspettando, ma non si preoccupi, non la tratterrò troppo. Ecco i suoi oggetti personali, documenti, passaporto, patente ed un po’ di denaro. Non si disperi signor Silenzi, in fondo va solo in esilio, non la mettiamo neanche in carcere, dovrebbe essere contento. Su con la vita e faccia buon viaggio!”.
Ancora una volta i Carabinieri mi spingono fuori, ma invece di uscire, si incamminano in un corridoio interno.
Dopo pochi minuti giungiamo ad una porta. Un Carabiniere inserisce in una fessura una tessera magnetica e la porta si apre con uno scatto.
Mi fanno entrare e poi chiudono la porta alle mie spalle.
Mi trovo nel buio più assoluto, ma ecco che ad un tratto, come per incanto, migliaia di luci si accendono. Lo spettacolo che si presenta davanti ai miei occhi è incredibile: pannelli di controllo, computer, monitor… si sono accesi in una miriade di colori. Sembra di essere all’interno di una nave spaziale e tutto è così incredibile che mi sento stordito.
Non faccio in tempo a pensare ad altro, perché improvvisamente un raggio multicolore mi colpisce con violenza, tutto ripiomba nel buio ed io perdo i sensi. Però è una strana sensazione, in quanto mi sembra che il mio corpo stia viaggiando ad una incredibile velocità verso una ignota destinazione.
Mi sveglio dopo non so quanto tempo, sono disteso a terra. Mi alzo e mi accorgo di essere tutto sporco di polvere. I miei vestiti sono tutti strappati. Il sole alto nel cielo scotta maledettamente e comincio a sudare.
Maledizione, penso, quei bastardi mi hanno spedito nel deserto!
Comincio a camminare senza una meta precisa, fino a che giungo ad una strada in terra battuta. Mi siedo e aspetto pazientemente che passi qualcuno. Dopo un po’ infatti ecco sopraggiungere una macchina.
Ma che strana macchina!
Non ha le ruote e si libra e pochi centimetri dal suolo. Quando il conducente abbassa il finestrino gli chiedo: “Per cortesia, potrebbe darmi un passaggio? Forse mi sono perso…”.
“Ma certo. Salga su che l’accompagno in città”.
Questo signore dall’aria tranquilla è completamente calvo, ha una carnagione piuttosto scura ed i suoi occhi sono vitrei.
“Scusi signore, posso farle una domanda? Dove ci troviamo?”.
“Dove ci troviamo? Ma è sicuro di stare bene?”.
“No, non si preoccupi, sto benissimo, ma la prego di rispondere alla mia domanda, come già le ho detto, forse mi sono perso”.
“Se proprio vuole saperlo, questo è il pianeta Theta IV, che si trova nella costellazione di Proxima-Centauri”.
Rimango sbigottito: quei bastardi della Giustizia mi hanno spedito fuori dal Sistema Solare, ma io prendo la prima astronave che trovo e torno subito a casa!
“Se ho ben capito lei non è di qui. Da dove viene?”.
“Dalla Terra”, rispondo io un po’ imbarazzato.
“Da dove scusi? Cos’è, per caso una stazione spaziale o qualcosa del genere? Sinceramente è la prima volta che sento questo nome… Ma ecco, siamo arrivati. Lì c’è una stazione d’imbarco, dove potrà prendere un mezzo per tornare a casa. Beh, arrivederci e buona fortuna!”.
Scendo dalla macchina e mi dirigo verso la biglietteria. Un’impiegata biondissima con un sorriso smagliante mi chiede cosa desidero.
“Un biglietto d’imbarco per la Terra…”.
“Per dove, scusi?”.
Gli ripeto che voglio andare sulla Terra, ma la bionda bigliettaia mi guarda stupita.
Dopo aver telefonato in direzione mi dice: “Mi spiace, ma non abbiamo biglietti per quella destinazione. Provi a chiedere all’Ufficio Informazioni, forse lì sapranno dirle qualcosa di più”.
Ma anche lì nessuno ci capisce niente; mi dicono che potrei rivolgermi alla Federazione Intergalattica, ma ormai capisco che sono condannato a passare il resto dei miei giorni su questo sconosciuto pianeta, senza possibilità di ritorno.
La Terra non esiste, io non esisto.
Questa è la dura realtà!
E come condanna mi pare anche più azzeccata della morte!
 
Originariamente pubblicato sul numero 6 de LA ZONA MORTA, aprile 1991

Corretto e ampliato per il sito LA ZONA MORTA, settembre 2007

11/11/2007, Tonino Basile