LA MANTIDE 01

Personaggi principali

- Serena Merini: vecchia nobile, proprietaria del castello di Albiceleste e fondatrice della Clinica Sant’Agata

- Eugenio Nitti: giovane professore appena arrivato in paese

- Giacomo Sanzi: direttore della Clinica Sant’Agata

- Giovanni (Nanni) Incaglia: paziente della clinica con il vizio del gioco d’azzardo

- Marta Nercurini: paziente della clinica. Lontana parente ed erede di Serena Merini

- Luigi Vanotti: orefice del paese

- Natalino Andenti: lontano parente ed erede di Serena Merini. Incallito perdigiorno

- Lilia Astoni: madre di Natalino e fattucchiera

- Laura Donati: giovane libertina del paese, soprannominata “La strega” dalle donne del posto. Lavora come infermiera alla Clinica Sant’Agata

- Barbara Pizzoli: professoressa di sostegno alla scuola media del paese e lontana parente di Serena Merini, estromessa dall’eredità

- Fausto Lenzi: preside della scuola media del paese, è il dirigente dell’istituto comprensivo che fa capo alla scuola di Albiceleste

- Domenico Tregalli: ispettore di polizia inviato ad Albiceleste

Principali luoghi del racconto

- Il paese di Albiceleste: un piccolo nucleo di un migliaio di anime, sorto attorno ad un fiume e fiancheggiato dal Parco Naturale. Situato in posizione pianeggiante, gode però della vista delle colline, che si levano sull’altra sponda del fiume

- Il castello di Albiceleste: un vecchio castello costruito nel XVII secolo, di proprietà della nobile Serena Merini, la quale occupava soltanto un’ala del castello, mentre la restante parte era adibita ad inospitale e freddo museo, mai frequentato da turisti

-  Il Parco Naturale: un antico bosco che sorgeva sulle sponde del fiume è stato adattato a parco naturale. Un tempo pericolosa zona alluvionale a causa della vicinanza al corso d’acqua, è stato col tempo adibito a luogo di ricreazione per famiglie, anche se negli ultimi anni, per motivi sconosciuti, la gente ha smesso di frequentarlo

- La Clinica Sant’Agata: ricavata dalla vecchia struttura a forma di nave di una ex colonia elioterapica del Duce, fu fondata da Serena Merini. Sfruttando la vantaggiosa posizione all’interno del Parco Naturale, offre ai pazienti con casi clinici irrecuperabili una terapia a base di sole, acqua e sonno

- La scuola media: la scuola del paese, con una sola sezione e tre aule

- Il cimitero di Albiceleste: un vecchio cimitero di ispirazione barocca, all’interno del quale troneggiano le sculture di un vecchio artista della zona, morto in disgrazia. Da qualche tempo a questa parte, la gente del paese ha avvistato nei paraggi del cimitero della gente che si aggira di notte, con i volti coperti.

Un mese fa

Il vecchio castello era vuoto come le acque di una palude: i desueti specchi, ad ogiva, ammiccavano al buio e alle sue forme, che si mescolavano dietro le colonne e poi risalivano piano, lungo le arcate che si insabbiavano sotto i soffitti.

Serena Merini spingeva la sedia a rotelle con una fierezza che si addiceva a un fantino vittorioso, lo sguardo asciutto come i fianchi di un vulcano. Percorreva le stanze mute e luccicanti solo a tratti, quando la sagoma di qualche candela rifletteva sui vetri la propria presenza. Di tanto si fermava di fronte a un mobile, a un canterano dell’impero, a un comò; si stupiva a pensare ai tratti della vita che si erano intersecati a quegli oggetti, si coglieva a rimuginare sulla strana connessione tra fatti e cose, così indelebile…

Nobile di nascita, aveva coltivato l’onore di portare il cognome di una casata che fece le sorti favorevoli di certa gente della zona; una storia di famiglie che sottomettono e dominano altre famiglie, che sulla base del sangue creano differenze tra persone e grazie a queste differenze prosperano e prosperano.

Serena sorprende il suo viso che la fissa da dietro lo specchio. Il volto di una donna di ottant’anni, ancora perfettamente mantenuta, gli argentei capelli tirati indietro, a fumose onde, e la fronte alta, come fosse una muraglia edificata da sapienti ingegneri, alla difesa…

Basterebbe spegnere le ultime candele che illuminano quel fianco di castello (il solo ad essere ancora abitato, mentre la restante parte dell’antico edificio è stata adibita a museo, per cercare di racimolare qualche quattrino dal flusso di turisti che percorre la piana, oppure di vendere sottobanco un antico quadro, una vecchia porcellana, uno scucito arazzo dei tempi di Garibaldi) e l’ombra offuscherebbe lo strazio di vedere la propria sagoma giudicare da dietro lo specchio, insinuare:

- Eh, la rovina dei Merini, eccola qua. Avresti dovuto rilanciare le sorti della casata, e invece… Ora che gli affari sono diventati i sovrani, ora che le aziende hanno mangiato tutto, tu cosa hai saputo fare? Solo rosicchiare, ecco il tuo talento! Sei la tomba dei Merini, con te si spegne per sempre la nostra luce.

Serena percorre un tratto di salone, fino a raggiungere un antico mobile in legno. Da uno stretto e basso cassetto estrae un sacchetto bianco latte, rifinito con le tessiture color oro, a sottolinearne il pregio. La donna estrae con le mani salde alcuni robusti ciondoli e li depone in grembo. Come se cercasse un riparo dal fiume di luce che scende dalla vetrata orientata verso il cortile interno, si spinge fino ad un angolo remoto e al buio prende a toccare avidamente i medaglioni.

Come una mannaia che cala dal cielo, una mano guantata copre il volto della vecchia, serrandone a forza le labbra e oscurando la vista. Merini si dimena, per quanto le è concesso dalle sue forze, sulla sedia a rotelle; ma la mano le stringe attorno al collo una corda, un cappio gelido come il latrare di quella meretrice che è la notte. La nobile vorrebbe per lo meno voltarsi, vedere chi o cosa la stia scaraventando nelle tenebre. Ma il laccio attorno al collo si fa rigido e la domina per sempre, conducendola per mano nelle oscure stanze.

(1 – continua)

Daniele Vacchino