ARCANA 04

Personaggi

- Giorgia Ferrarin, Erika Ferrari & Alessia Leblis, delle adolescenti del luogo.

- Padre Arles, uno strano prete morto da anni.

- Ermanno Burgio, unico abitante rimasto a Saletta, un tossicodipendente.

- Nina Balzaretti, la bibliotecaria di Asigliano.

- Germano Vittone, un proprietario terriero.

- Bruna Bertinetti, la donna coi cani.

- Daniele Pavia, docente di scuola media.

- la pitonessa, sacerdotessa d’una setta di ragazzini che si riunivano al tabernacolo nel 1979.

- la dama bianca, una figura trasparente che si muove lungo i campi, armata di rasoio.

- la bambina bianca, forse una fantasma della mente?

4 – Alla ricerca del piacere (Teo Usuelli)

La danza era solo una scusa che Giorgia utilizzava per eclissarsi, non dai genitori (mai pervenuti), bensì dalla morbosa curiosità delle amiche (che ci fosse qualcosa tra quelle due porcelline?). In realtà la danza che lei praticava era qualcosa di molto più interessante.

L’adolescente rimase nuda tra le lenzuola.

Lui ne contemplò le forme, già mature, adulte.

Carezzò le pannocchie ricciute dei capelli.

Carezzò i girasoli delle sopracciglia.

Il sorriso peccaminoso da suora disonorata.

Carezzò le forme dolci del mento.

Il museo delle cere del collo.

I calici letargici dei seni.

L’uomo non smise d’essere abbagliato dal mogano rosa delle gambe, dalle impronte inamidate dei piedi.

Lui prese una Marlboro Gold e la offrì a Giorgia. Lei si sollevò lenta come una regina primitiva. Le sue labbra stropicciate dall’amore ardevano come lampioni. L’uomo accese un’altra sigaretta per sé.

Stesi nel letto rimasero a fissare le immagini su una piccola tv ai piedi del letto. Ogni volta cominciava sempre così. Con Daniele che la passava a prendere un po’ fuori dal paese (per non farsi vedere), la portava da lui in città, nel suo “scannatoio”, nell’appartamentino da scapolo 33enne di belle speranze. Le proponeva di vedere un film, scusa buona per sdraiarsi nel lettone e coccolarsi dopo le prime scene. Poi facevano l’amore a lungo, senza freni e inibizioni. Daniele era stato il suo professore di italiano alle Medie di Asigliano. Bello come il sole, aveva incantato tutte le ragazzine del paese, però solo lei era riuscita ad averlo. All’inizio lui era stato molto corretto. Non raccoglieva le provocazioni, i sottintesi, i sorrisini. Aveva paura delle conseguenze. Giorgia fu brava a sfruttare ogni pausa mensa, ogni momento vuoto negli intervalli, per confidargli scorci della sua vita, fargli sapere che viveva quasi sempre sola, che si sentiva più adulta rispetto alle sue compagne, che desiderava scoprire le debolezze del suo corpo con una persona che potesse insegnarle. L’occasione venne in terza, durante una gita di classe di tre giorni. Lì, nell’albergo notturno, era scivolata nella sua camera e aveva liberato le greggi dei capelli, genuflettendosi nel letto, anfiteatro anatomico dell’amore. Il suo corpo adolescente lo aveva invaso, facendogli perdere il controllo. Da allora erano divenuti amanti, trovando l’uno nell’altra un completamento. Daniele non voleva storie serie, durature (scottato da una relazione importantissima finita malamente), lei non si sentiva certo pronta per il panopticum del matrimonio. Da quando Daniele non insegnava più ad Asigliano e lei frequentava le superiori, gli appuntamenti erano diventati più frequenti. Quasi sempre il pomeriggio, a casa di lui, a Vercelli.

Sulla piccola tv passavano le ultime immagini di un film gotico degli anni ’60. Le scene riportarono la mente di Giorgia al tempietto di Saletta. Rimpicciolita nelle braccia del suo amante, gli raccontò della malia che quel luogo aveva su di lei e gli chiese aiuto per reperire informazioni sulla setta di 36 anni prima. Lui la ascoltò incuriosito e cedette alle infinite moine della studentessa, promettendole che avrebbe chiesto in giro. Poi le insalivò il ribes sciroppato dei capezzoli aguzzi e le carezzò i lombi di seta.

- Fammi capire, cos’è che vuoi ottenere?

- In che senso?

- Beh, se ne scoviamo qualcuno, vuoi presentarti lì e chiedere loro di quando ragazzini andavano al tempietto a fare le messe nere?

- Non andavano a fare le messe nere.

- Ah! E cosa facevano allora?

Giorgia tirò una boccata dalla sigaretta.

L’inchiostro verde dei suoi occhi si scurì.

- Cercavano qualcosa.

- Cosa?

- Che noioso che sei! Lasciami pensare. – e gli schioccò un bacio.

- D’accordo, sono un vecchio noioso a cui piacciono le ragazzine, però spiegami che vuoi fare se ti trovo qualcuno di quei tizi. Magari adesso sono dei cinquantenni, anzi sicuro, con famiglia, figli. Mica vogliono ricordare di quell’incidente in cui è morta una loro compagna.

Giorgia scrolla la spalla nuda.

- E’ divertente, dai.

- Ah, capisco, un modo per vincere le noia, giusto?

- Puoi vederla così.

- Vieni qui che abbiamo ancora tempo.

Le carni di dattero di lei si sciolsero sotto la pressione floreale del sesso di lui. Lei lo strinse tra le mani come un giocattolo rotto, impastandolo come solo una giovane fanciulla sapeva fare. Poi s’arrestò pensierosa, con le pietre lunari degli occhi accese.

- Cosa c’è? – chiede Daniele, arrossato dal piacere.

- Ho trovato.

- Eh?

- Volevi sapere cosa andavano a fare sotto il tempietto. Ci andavano per travestirsi…

Dopo che il prete era morto s’era sentita perduta, tentata di lasciar perdere tutto, dimenticare ogni cosa, ma le allucinazioni d’un’altra vita oltre il sonno della veglia la perseguitavano. Attorno a lei la gente continuava a morire. Nei cortei. Mitragliata. Nelle fabbriche. Oppure si spegneva lentamente. Di tumore, come il prete. Oppure cedeva un giorno dietro l’altro, aggrappandosi alla determinatezza del lavoro, della famiglia, delle regole sociali stabilite dai burocrati della borghesia capitalistica italiana; avrebbe potuto facilmente unirsi alle provocazioni irrisorie dei suoi coetanei e cullarsi nell’onda lunga degli ultimi movimenti per poi svegliarsi all’improvviso adulta con le espadrillas scalcagnate e un buono omaggio della Rinascente. La stella a quattro punte avrebbe ceduto prima all’era del cinghiale bianco, infine all’azienda totale e il conseguente peggioramento delle condizioni di vita e lavoro. Illusioni dentro altre illusioni. Alla fine le sarebbero rimasti riflessi perduti per sempre, rimpianti, fate morgane. Come Enkidu, doveva liberare il suo corpo animalesco e splendente come la pelle di un serpente. Come Gilgamesh avrebbe dovuto annullare le sue maschere civili e travestirsi. Le maschere selvagge l’avrebbero nascosta dalla disgregazione della carne, schiudendole un nuovo orizzonte di visione…

(4 – continua)

Davide Rosso