IL RICHIAMO

Quel che disse l’oscura Signora:

Chiunque oserà varcare

la soglia del proprio destino,

sarà maledetto dal sentiero infinito,

costretto a bruciare

tra le fiamme ardenti,

nel sentiero oscurato

dell’inferno dimenticato

Non riesco più a fermarmi…

Sto correndo come un ossesso verso una falsa libertà.

Soltanto ora mi sto accorgendo, di quanto assurda la vita possa apparire… soprattutto in determinati frangenti della nostra misera esistenza.

Suppongo di aver commesso un grave errore, lasciandomi trasportare nel cuore della notte da quell’infida melodia primordiale, permettendo agli eventi di portare a compimento il loro nefasto intento… laddove la diretta interessata a suo tempo, aveva miseramente fallito.

 

Tutto cominciò in un solo istante…

 

Erano le tre di notte e mi trovavo nel mio letto, quando una strana melodia penetrò silenziosamente all’interno del mio cervello, destandomi dal torpore in cui ero felicemente sprofondato. Senza alcuna ragione, mi sentii costretto a reagire come un drogato reagirebbe in determinate circostanze e obbedendo a quel sinuoso richiamo, mi diressi mezzo vestito verso la porta di casa. Ammaliato dall’enfasi di quella melodia e privato della mia volontà, mi misi a camminare a passo lesto attraverso il buio circostante, in direzione del cimitero del paese.

Non so per quanto tempo camminai, ma quando giunsi a destinazione, non potei fare a meno di notare che il cancello dell’ingresso era spalancato. Chi mai avrebbe potuto compiere un tale errore? Lasciare aperti i cancelli del più antico e remoto luogo, dove migliaia di anime avevano finalmente trovato il loro meritato riposo. Di fronte a me, centinaia di piccoli lumi ammiccavano con il loro tenue bagliore, in direzione della mia ombra. Senza badare a quei segnali di avvertimento, varcai la soglia del cimitero ritrovandomi perso nel mezzo di un campo completamente nero.

Un gelido vento iniziò la sua lenta traversata abbattendosi sulla mia pelle ancora calda per l’emozione, come una macabra scure. La strana melodia continuava a tormentarmi tra i recessi del mio sgomento e brividi di freddo trafissero il mio corpo senza alcuna pietà, privandolo della sua intimità.

Rimasi perso nel limbo del mio timore, ipnotizzato da una volontà superiore che nulla aveva a che fare con la dimensione terrena a cui credevo ancora di appartenere.

Il solitario rintocco di una campana, mi fece trasalire dallo stato di semi incoscienza in cui mi trovavo e a malapena mi resi conto di trovarmi di fronte a una piccola chiesa, al cui interno una premonitrice vivida luce rossa stava ardentemente brillando.

Una voce d’oltretomba richiamò la mia attenzione dalla cima della guglia, che da un’infinita altezza dominava l’intero cimitero. Volsi allora lo sguardo in direzione di quella voce blasfema e vidi una piccola statua raffigurante il corpo di una donna coperto solamente da una lunga svolazzante veste nera. Alle mie spalle nel frattempo, due enormi piante dalle forme innaturali ricoperte da enormi foglie spurganti sangue, cominciarono a frusciare violentemente e attraverso il loro tronco orribilmente spugnoso, si allungarono in direzione di un sentiero segreto. In quel momento la voce blasfema proveniente dalla piccola statua, pronunciò parole per me prive di significato appartenenti a chissà quale perverso linguaggio, che si intonavano malignamente con la strana melodia che mi aveva condotto in quel luogo sacrilego, componendo così un’infernale cantilena che inesorabilmente avvolse la mia restante umanità e provocando il crollo definitivo della mia ragione:

Vatuu hirà wakàwl hatepf duglàth,

lughoph sifrit malheph ethèr inafwl,

anhim ghar’à furoph,

indoh vath’ù infher ethràh pfworvhèh.

Dai recessi più profondi della mia anima, mi sentii obbligato a camminare in direzione di quel sentiero. Ad ogni passo vivide fiamme sorsero dal terreno melmoso e puzzolente in cui mi trovavo a proseguire, la mia inesorabile marcia verso un luogo indefinito. Non potei far nulla per evitare tutto ciò, poiché la mia volontà era stata annullata, al contrario della mia coscienza che per qualche sadico motivo, mi era stata risparmiata. Probabilmente con l’unico scopo di poter rendere indelebili gli incredibili momenti, che spaventosamente stavo vivendo. Mi sembrò di aver camminato per ore e tutto intorno a me brulicava di fiamme più alte di quanto potesse arrivare il mio sguardo. Il calore proveniente dalla loro intensità, mi provocò forti dolori all’addome e per un momento fui sul punto di cedere, ma qualcosa di indefinibile raddrizzò il mio corpo come un fuscello costringendolo a proseguire quell’interminabile dolorosa marcia. Arrivai di fronte a un’abominevole sacca rigonfia di carne marcescente animata di vita propria.

La superficie dell’ignobile creatura era increspata da piccole venature, al cui interno era possibile scorgere il sangue scorrere con veemenza. La creatura senza occhi e senza bocca, inspirava ed espirava come l’enorme ventre di una balena.

Da una moltitudine di piccole forature, schizzavano grumi di sangue dal colore malsano. Mi avvicinai senza volerlo, spinto dalla forza che mi stava obbligando ormai a subire oltraggiose circostanze e urlando dal disgusto mi ritrovai, senza capire come fosse accaduto, all’interno della creatura stessa. L’interno di quell’angusto spazio delimitato da pareti di putrida carne umida era illuminato da una luce innaturale.

Un disgustoso torpore mi avvolse come le membra di un caldo ventre materno e nei minuti in cui i miei occhi si abituarono a quella penombra non accadde più nulla.

Poi malgrado la mia ostinata reticenza, l’entità invisibile si manifestò in tutta la sua potenza e sentendola scorrermi lungo la spina dorsale, mi costrinse ad osservare con estrema attenzione lo spazio circostante. Soltanto in quel momento, la mia mente si rese conto di quale sordido scherzo avesse in mente quella forza oscura nei miei riguardi. Strabuzzai gli occhi a causa del bieco cieco terrore, che la paura irrefrenabile innescò violentemente tra le sbarre della mia maltenuta coscienza. Di fronte a me, a pochi metri di distanza si trovavano in posizione eretta i corpi decapitati dei miei famigliari. Li sentii all’unisono pronunciare il mio nome pur essendo privi di una bocca per poterlo pronunciare e sollevando il braccio destro, mi puntarono il loro esangue indice come a indicarmi un recondito significato.

Urlai più che potei, urlai con tutte le forze che scoprii in quel momento di aver ritrovato e con altrettanta energia fuggii da quel posto infernale senza alcuna remora.

Mi misi a correre a perdifiato, avidamente e senza mai pensare a nulla. Senza lasciare un briciolo di spazio alla memoria dei più recenti avvenimenti, pensando solamente alla distanza che ancora mi teneva separato dall’agognata libertà che di diritto mi spettava…

Era ancora l’alba, quando appena varcato la soglia del cimitero, mi accorsi che l’entità invisibile era riuscita a riprendere il controllo del mio corpo. Invano fu il tentativo di chiedere aiuto poiché dalle mie labbra non uscii una sola parola in mio soccorso.

 

Ora che sto correndo in mezzo a questi campi abbandonati dal Signore, credo che a nessuno verrà mai in mente di venirmi a cercare da queste parti. Sento le ossa dei piedi e delle gambe che stanno per spezzarsi a causa dell’estremo sforzo a cui sono stati soggetti e il cuore frangersi tra le pareti del mio inesorabile abbandono. Probabilmente grazie all’entità invisibile, sarò costretto a correre fino a quando il mio corpo non sarà ridotto alla stregua di una carogna. E poi a correre ancora e ancora per l’eternità, in cerca di una libertà che mai mi sarà concessa… in fin dei conti, non avrei mai dovuto vendere la mia anima a quel truffatore, a quello strambo vecchio imbonitore, che con le sue false promesse di una vita eterna priva di dolore, mi ha strappato senza ritegno dal sicuro abbraccio della morte.

Francesco Gallina