AMORE & MORTE SULLA RIVIERA ROMAGNOLA – 08

PERSONAGGI PRINCIPALI

Roberto Santinovi: narratore e protagonista

H e Best: amici di vecchia data di Roberto

Rosi: 25enne milanese

Viola: giovane e bellissima ragazza di cui Roberto si innamora

Vanessa: ex fidanzata di Roberto

Ermanno: gestore della stazione balneare e guardone 

Gina: moglie di Ermanno, gestisce con lui la stazione balneare

Sergio: guardiano notturno della pensione

Nino: violento romeno al soldo della malavita

Anonimo al telefono: amico di Roberto

Mike: barbone che predice il futuro

Ermanno all’oscuro di tutto. Sergio ucciso poco prima che arrivassi da lui. E il barbone Mike mi aveva detto di aver visto una donna pedinare Viola, quella notte. Il cerchio si stringeva. Che cosa voleva significare la mia foto trovata in casa del guardiano notturno? Voleva farmela pagare per essere uscito con Rosi? L’ipotesi scollegava la foto dalla catena di omicidi in cui egli stesso era finito. Oppure aveva un ruolo all’interno del puzzle che si andava creando? E perché l’assassino avrebbe dovuto uccidere Sergio? Forse, essendo lui di turno alla pensione la notte della morte di Viola, aveva visto il killer? Tutte domande a cui, per il momento, non sapevo dare risposta.

Una donna pedinava Viola la notte del nostro bacio e della sua morte. Era lei l’assassino? Se quella donna fosse stata Gina, la mia figura finirebbe con il non essere al centro dell’intreccio. E dunque la mia foto nella casa del guardiano Sergio era una semplice casualità, del tutto a parte rispetto all’indagine che stavo conducendo.

Facevo queste congetture nel mentre mi allontanavo dalla città. La notte stava sopraggiungendo e presto le volanti della polizia si sarebbero sguinzagliate per le vie. Non credevo che potessero essere alla ricerca del mio volto; ero convinto che mi cercassero lontano dalla città. Di certo, però, il mio viso era circolato nelle foto segnaletiche e ogni bravo poliziotto si era stampato i miei lineamenti in mente. La città si stava rapidamente svuotando e io dovevo raggiungere un sentiero di campagna prima di ritrovarmi a essere l’unico a camminare per quelle strade.

Scivolai dietro i muri delle case e sotto i viali in cui la luce scarseggiava. La riviera romagnola tutta era sotto lo scacco della mano guantata del killer. “Quando troveranno Roberto Santinovi?” dovevano chiedersi quelle esili voci dietro le porte. Anche se non avevo letto i giornali, ero certo che per loro ero ormai l’assassino. Nessuno avrebbe avuto interesse di appurare la mia colpevolezza. Quel che contava era ristabilire il normale corso delle cose: i giovani dovevano ricominciare a uscire la sera senza la paura del mostro; le discoteche, i bar, le sale giochi, i luna park dovevano riprendere a macinare soldi. L’importante era inchiodare il colpevole, anche un colpevole qualsiasi, sbatterlo in gattabuia e sulle prime pagine di giornali e talk show. Ed io, dopo la fuga, ero ormai il colpevole.

Le strade di campagna si attorcigliavano le une alle altre come serpenti in una cesta di vimini. Il cielo senza luna e senza stelle era la cornice ideale per la mia fuga. Non potevo restare nella città un momento di più. Troppo rischioso. La mia faccia, per tanto che facessi attenzione, era circolata su tutti i giornali e chiunque avrebbe potuto, con una buona intuizione, riconoscermi. Sarei sceso alla città soltanto più una volta, per il confronto con Gina. Contavo molto su quell’appuntamento: speravo che esso avrebbe potuto dare una soluzione alla mia indagine, restituendomi, se non l’assassino, almeno una persona informata sui fatti.

Camminai per diverse ore. Arrivai al nascondiglio solo quando la notte era già alta. Al buio mi intrufolai sotto la bascula e, solo quando fui sicuro che nessuno potesse vedermi, accesi una candela in fondo alla stanza. Non appena con la schiena mi adagiai sul pavimento crollai in un sonno profondo.

- Tan tan.

Un rumore metallico luccicava nella lattescenza dei miei sogni.

- Tan tan.

Una presenza. La sentivo lì, in piedi nel buio di fronte a me. Ma non riuscivo a svegliarmi. Una stanchezza pesante come un coma mi teneva incatenato a questo stato di semi veglia.

- Robertooo

Una voce roca, ma pungente come barba ispida, scendeva verso le mie orecchie.

- Tan tan.

Il suono metallico proseguiva. Era di certo il battere di un oggetto acuminato sulla bascula del garage.

Finalmente riuscii ad aprire gli occhi.

In piedi di fronte a me, un accendino zippo in mano che gli illuminava il volto, c’era un uomo.

- Buongiorno – sorrideva come una tarantola – io sono Nino.

Del romeno mi appariva soltanto la faccia, il volto di un fantasma nel buio, la mascella enorme cosparsa di peli e gli occhi incavati nella fronte abnorme.

- I conti si pagano. Specie se ci si trova sulle prime pagine di tutti i giornali.

Lo guardavo senza riuscire a muovermi. Con grande abilità faceva roteare il coltello per aria, fino a quando esso non colpiva la bascula sollevata del garage.

- Tan tan – il coltello ricadeva perfettamente tra le sue dita, in un sorriso.

- Ti starai chiedendo come ho fatto a seguirti fino a qui. – sogghignava – Un dilettante cosa può fare contro un professionista?

Avrei voluto reagire. Alzarmi e buttarmi a capofitto su di lui. Ma sapevo che sarebbe stato inutile: in un attimo mi avrebbe ucciso.

- A proposito… – mi teneva in pugno – Rosi e Viola… Due belle ragazze… – con il coltello disegnò il profilo di un corpo di donna, poi si passò la lama sulla patta dei pantaloni e gli occhi brillarono di follia.

- Figlio di putt…

- Ehi, calmo – con il coltello mi intimò di rimanere fermo.

Avrebbe potuto colpirmi anche da quella distanza, lanciando l’arma con la sua maestria. Intanto, con la lingua contornava le labbra e con la lama perseverava a massaggiarsi il pube, libidinoso.

Una rabbia incontrollabile mi salì dalla pancia. Stavo per sollevarmi e balzare su di lui.

- Piuttosto. Com’è stato?

- Cosa intendi? – non capivo a cosa si riferisse.

- Ma dai! – i suoi occhi erano faceti, si stava prendendo gioco di me – Te le sarai scopate prima di ucciderle, quelle due puttanelle!

- Prima di ucciderle? -

Cosa intendeva quel pazzo?

- Oh, ma guarda che del tuo vizio di ammazzare le donne non me ne frega un cazzo. A me pagano per ritrovare le pulci che devono i soldi. Solo mi chiedevo come mai un tipo regolare come te avesse questo vizio.

Se Nino stava dicendo sul serio, voleva dire che il romeno era convinto che Rosi e Viola le avessi uccise io. E quindi non era lui l’assassino.

- Vuoi dire che?

- Che? – mi interrogò con sguardo beffardo, come stesse parlando a un bambino stupido.

- Che non le hai uccise tu.

- Ah ah ah! Roberto, Roberto, non provare a scaricare la colpa su di me. – il killer romeno aveva ora assunto un atteggiamento equivoco, da massaia che gioca a fare la maestrina con il marito scemo – Quelle donne le hai uccise tu, lo sanno tutti! – di colpo il suo sguardo tornò truce, puntato verso di me come la lama del suo coltello – Io sono arrivato qui soltanto due giorni fa, quando ho letto di te sul gior… Uah!

Il volto del romeno si spalancò come un faro. Gli occhi gli schizzarono in avanti e così fece il busto. L’accendino crollò per terra e così fece l’uomo, un istante dopo.

Rimasi al buio.

Nino rantolava per terra.

Alzai lo sguardo, provando a farmi varco nell’oscurità. Poco più in là si trovava un’altra sagoma. Il romeno era stato colpito alle spalle da quella figura.

Aguzzai la vista. Era la figura di una donna. Gina? La sagoma di donna avvolta nel buio era lì, dinanzi a me, in silenzio. Non potevo vederli, ma sono sicuro che i suoi occhi mi stessero fissando nel buio con odio. Nella mano, potevo vederlo grazie al riflesso della poca luce sulla lama, teneva un coltello.

- Non mi riconosci? – la voce acuta spezzò la notte come la lama di un rasoio.

Conoscevo eccome quella voce. Non apparteneva a nessuna donna che avessi conosciuto sulla riviera romagnola.

In un baleno rividi il suo volto di metallo, quell’espressione tagliata, spigolosa, fissa, che mi guardava da dietro il cespuglio. Mentre ero in macchina che facevo l’amore con Rosi…

- Vanessa.

- Ah ah ah! – la sua risata era una bambola a cui avevano strappato gli occhi.

- Credevi di avermi eliminata così dalla tua vita?

- Ma io…

- Io niente! – mi interruppe con un boato – Tu te ne sei venuto qui a scoparti quelle puttane.

Non potevo vedere il suo viso, ma era come se lo sentissi. Il volto di una strega: nero, le rughe di rabbia metalliche che scivolavano lungo la pelle contorta, i capelli come fili di ferro scendevano orribilmente lungo la schiena e sul viso.

- E di una ti sei addirittura innamorato – le sue parole erano viscide come la pelle di un serpente.

- Sei una assassina – le urlai.

- Cosa ti aspettavi da me?

Nel buio, un singhiozzo di bambina squarciò l’aria. Prese a singhiozzare, a piangere.

- Che ti lasciassi andare così? Che ti permettessi di abbandonarmi come una cosa vecchia? Nessuno può più abbandonarmi – urlava nel pianto – Nessuno può farmi del male. Nessuno può più farmi del male.

- Come tuo padre – aggiunsi duro.

- Sì, come mio padre! – urlò come Cariddi nel mezzo delle onde.

- Ma tu, tu… – aveva alzato il coltello verso di me e avanzava nel buio – Tu lo sapevi, che non potevi lasciarmi.

La sua sagoma si trovava ora a un metro circa da me. Vanessa alzò il pugnale al cielo.

- Addio Roberto.

Chiusi gli occhi, nell’attesa di subire l’impatto con la lama.

Non successe nulla.

Con l’orecchio udii un tonfo.

Il corpo di Vanessa non era più ritto in piedi, il coltello in mano. Era crollato a terra.

Si era accoltellata. Potevo sentire i suoi rantoli nel buio.

Accorsi ad accendere la candela e mi avvicinai con la luce a lei. Era ancora viva.

- Vanessa, perché?

Il viso era disteso dal brutale estendersi del dolore. Gli occhi supplicavano come fossero quelli di una bambina.

Il coltello era infilato per tutta la lunghezza della lama nella sua pancia.

- Perché non avrei mai potuto uccidere te. – respirava a stento, il viso una maschera di dolore – Ma quelle donne non potevano averti – gli occhi cercavano ormai di difendersi dalle ombre che l’avevano circondata – E tu.. Tu pagherai per i miei delitti – un sorriso folle gli si stampò sulla bocca.

Vanessa spirò e il suo viso cadde tra la polvere. Il suo cadavere era disteso a fianco di quello di Nino.

(8 – continua)

Daniele Vacchino