IL MOSTRO E LE PERGAMENE

Io non ho paura. Non l’ho mai avuta in vita mia. Sono rimasta vedova da giovane, ho cresciuto i miei figli e ho cercato di aiutarli a prendere le loro strade con coraggio e determinazione. Con il sudore della fronte ho finito di costruire quanto avevo iniziato con mio marito, come la casa in cui vivo, al centro del paese. E’ una bella casa e ne sono sempre andata fiera: all’angolo della strada principale e di una strada lastricata, piccola con i suoi muri in laterizio. Dentro poche stanze, con  le pareti molto spesse, come si usava una volta. Non l’abbiamo ereditata da nessuno: appena sposati, abbiamo cercato di mettere via i soldi necessari per l’importante acquisto e alla fine ce l’abbiamo fatta. Vi ho vissuto momenti davvero felici, come la nascita dei nostri bambini, e dei momenti tristi, infinitamente tristi, come la mattina in cui, svegliandomi, mi resi conto di avere accanto un cadavere.

Vi ripeto che non ho paura: la mia vita non è stata facile e tutto sommato non lo è neanche ora che ho settant’anni. Sto solo aspettando che arrivi il mio turno per morire, attendo il momento dedicandomi alla famiglia che mi è rimasta vicino. Abito ancora nella vecchia casa, che ho deciso di ristrutturare: avevo delle infiltrazioni di acqua piovana che causavano delle chiazze di muffa enormi, perciò ho preferito intervenire. Il giorno che i muratori sono arrivati a controllare la casa si sono complimentati per come era intatta al suo interno: nella mia via vi sono moltissime case dello stesso periodo e dentro sono tutte molto rovinate anche dai cambiamenti effettuati dai proprietari. Poi il capocantiere mi ha chiesto se sapevo che funzione avesse la mia dimora quando era stata costruita, nel tardo Trecento. Ho risposto di no, che pensavo che si fosse sempre trattata di una casa. E invece no; appena aveva saputo di essere stato chiamato per lavorare da me, il muratore si era informato sulla costruzione, come era sua abitudine fare: aveva scoperto che casa mia era stata un convento, soppresso alla fine del Settecento e suddiviso in varie unità abitative. Affascinata da quanto avevo scoperto, pensavo anche a cosa avrebbe detto il mio povero marito se fosse stato vivo.

A parte Dio, che non posso neanche sognarmi lontanamente di vedere, io non credo in niente che non possa toccare con le mie mani. Sono definita, alle volte anche in modo dispregiativo, come una materialista, ma sinceramente non m’importa. Io almeno ho preso meno fregature di altre persone. Sono un tipo che ha sempre teso per la razionalità, che ha sempre tentato di tenere sotto controllo emozioni e sentimenti, poiché penso che siano solo dei modi per offuscare l’unica visione corretta della realtà. Partendo da questi presupposti, davvero non riesco a capire cosa mi stia succedendo ultimamente. Non voglio raccontare niente a nessuno, prima che pensino che la vecchietta stia svalvolando. Eh no, ho ancora i nervi belli saldi, almeno credo. Succede però che io, alle volte,  nella camera da letto, senta dei rumori venire dalla cucina, come delle risate, delle parole mezze bisbigliate, di cui non capisco il significato. Sembra quasi una lingua antica, come un dialetto, di cui non conosco i vocaboli. Tutto svanisce quando accendo la lampada del comodino, o quando mi reco direttamente in cucina  per bere un bicchiere d’acqua. Alle volte, mentre sono nel mio cortiletto a rovistare tra i fiori, ho sempre la sensazione di essere osservata. E’ una sensazione che non mi abbandona mai, anche quando sono seduta a tavola. Capita anche che non ci siano finestre o porte aperte ma che ci siano lo stesso correnti d’aria indicibili, che spariscono nel momento in cui io mi alzo in piedi. Sogno? Realtà? Davvero non so. Il tutto è poi peggiorato dopo che la settimana scorsa  i muratori, buttando giù un muro del salotto, hanno trovato una sorta di nicchia. Il capocantiere mi ha fatto subito chiamare e poi ha mandato uno dei suoi dal prete, affinché srotolasse lui i cartigli che si trovavano là dentro. Sì: aprendo il varco hanno trovato questa nicchia con dentro delle piccole pergamene, ingiallite e contorte, e nessuno si è sognato di toccarle. Metti che porta male, dicevano fra di loro. Il prete è arrivato abbastanza rapidamente ma neanche lui se l’è sentita di srotolare il tutto. Volevo farlo io ma mi hanno bloccato, che superstiziosi. Hanno preso le pergamene e le hanno bruciate nel cortile, dicendo una preghiera, mentre io guardavo dalla finestra. E’ da quel momento che in casa mia sento sempre di più la sensazione che qualcuno sia lì a guardarmi, a studiare i miei movimenti. Mi è pure sembrato di intravedere un saio, mentre mi giravo di scatto per andare nel salotto. Ieri pomeriggio, aprendo il portoncino d’ingresso, mi sono ritrovata davanti una sorta di ombra, che è la stessa che mi sono sognata la notte: mi parlava, diceva che avevamo fatto un grandissimo errore a bruciare i cartigli, che il Demonio mi avrebbe preso e portato via perché ero nel suo territorio e cose così. Mi sono svegliata di colpo, ansimando e decisamente spaventata, ma ho cercato di calmarmi subito, ripetendo un Padre Nostro e aggrappandomi a tutte le mie convinzioni. Mi sono alzata dal letto per andare a bere un bicchiere d’acqua quando, nel cortile, una specie di gatto enorme mi guardava attraverso la finestra. I suoi occhi rossi ed enormi mi fissavano, con le unghie tentava di graffiare il vetro per entrare a prendermi. Che fosse la morte? O il Demonio annunciato dal frate del mio sogno? Con il cuore a mille, mi ripetevo di stare tranquilla, che solo se lo toccavo con la mano potevo credere che esistesse davvero, perciò ho aperto la porticina e sono uscita nel cortile. Il mostro mi ha guardata, sibilando parole in quel dialetto incomprensibile che sentivo venire dalla cucina quella volta. Gli ho tirato dell’acqua ordinandogli di tornare da dove era venuto. I suoi occhi ardenti si sono trasformati in un grande falò e lui è bruciato, lasciando nel mio cortile solo due miseri chicchi di carbone.

Sono indecisa se andare dal prete per raccontargli quanto è accaduto nel mio cortile. D’altronde tengo in mano i due chicchi di carbone, quindi quello che ho visto è esistito davvero, non dovrei correre il rischio di essere presa per matta. Non ho paura, sapete? Mi domando solo se tutto questo potrà di nuovo succedere. Io sento sempre di non essere sola in questa casa.

Roberta Lilliu