INCONTRI NELLA NOTTE

Hubert aprì la serranda con movimento silenzioso e furtivo,quindi scavalcò il davanzale e penetrò agilmente all’interno. Per poco non si sbilanciò e non inciampò in un mobiletto posto accanto alla parete più vicina, ma si riprese subito continuando il suo cammino. Aveva una missione da compiere quella notte! I guanti che indossava nascondevano il colorito della sua pelle e lo proteggevano dal freddo che batteva la strada, facendolo al tempo stesso sentire più sicuro e determinato. Aveva preso ogni precauzione, come sempre. Portava la cintura con gli arnesi da scasso e tutto l’occorrente, e l’abito scuro lo confondeva perfettamente con la notte che dominava ogni cosa. Aveva con sè il suo coltello e la corda, compresa una mini-torcia che gli avrebbe gloriosamente illuminato la strada  fino  al  suo  obiettivo. Niente poteva andare storto, la sua missione avrebbe avuto successo anche questa volta!

Accarezzò con un sorriso di soddisfazione la lama del coltello e se lo rimise al fianco. Sì,niente sarebbe andato storto. Aveva adocchiato quella casa già da alcune settimane. Una villetta monofamiliare a due piani, con un ampio giardino e una bella macchina posteggiata sul retro. Perfetta per i suoi scopi. Aveva ottenuto le planimetrie dell’appartamento tramite i suoi contatti e si era informato accuratamente sugli occupanti e sulle loro abitudini. Lavoro, svaghi e ogni cosa che potesse risultare utile, come al solito. Non gli piaceva lasciare niente al caso, non era da lui. Ogni elemento richiedeva la giusta attenzione, il giusto tempo per essere studiato ed esaminato accuratamente. Perchè la sua missione potesse raggiungere lo scopo doveva essere pronto ad ogni evenienza! E pronto lo era stato, fin da quel lontano giorno in cui aveva posto gli occhi su una tranquilla famigliola di un piccolo villaggio perduto nella campagna che nascondeva i dintorni della sua città. Qualcosa allora era scattato in lui, come un interruttore che avesse atteso per tanto tempo di essere azionato. Non aveva potuto resistere al suo assillante richiamo e aveva agito in fretta, quasi guidato dall’istinto e da un qualche fuoco interiore. Era ancora giovane e inesperto ai quei tempi e mancava della mania di perfezione per il suo lavoro che avrebbe sviluppato soltanto  in seguito, ma già in quella prima occasione riuscì a mostrarsi degno del compito che gli era stato affidato. Sì, fu quella la prima missione che portò a termine, il suo primo lavoro! Ma i suoi ricordi erano confusi al riguardo e non provava un grande orgoglio nel riviverne i vari momenti, quasi che la sua frettolosa opera di allora, colma di imbarazzo e di errori, faticasse a trovare il giusto posto nelle sue memorie passate. Era come un qualcosa di ingenuo e malcompiuto che non riuscisse ad essere riconosciuto appieno e considerato come  una  propria opera da un artista ormai  al massimo del suo splendore. Quale lui era. E in effetti tale era il sentimento che provava nei confronti di quella sua prima volta, un senso di disagio. Da allora era migliorato di molto, tanto da raggiungere una forma di perfezione quasi assoluta in quello che faceva e una lunga scia di sangue aveva accompagnato le proprie uscite notturne. Decine e decine di uccisioni, intere famiglie sterminate nelle proprie abitazioni isolate senza spiegazioni, morti che apparivano incomprensibili e raccapricianti ai più, ma non a lui ovviamente. Una ferocia senza senso che lasciava innoriditi gli uomini, compresi  gli stessi  investigatori  delle  forze  dell’ordine, e sconvolgeva dentro chiunque avesse modo di averne contezza. Deboli, limitati, inferiori! Se solamente avessero avuto chiara la visione delle cose come l’aveva lui di fronte agli occhi!

In fondo le sue missioni erano facili: doveva  trovare i soggetti giusti, fra le migliaia che abitavano le città del proprio paese, apprendere quanto più possibile su di loro, entrare nelle loro case e attirarsi forzatamente la loro attenzione in modo da poter insegnare loro “la via della luce”. E dopo, sì, dopo completare l’opera e purificare le loro anime, straziando i loro corpi mortali. Perchè altri potessero sapere e apprendere, in attesa che giungesse il loro momento!

Sì, era  facile, e lui era un maestro in quell’arte.

Il posto che aveva scelto questa volta rientrava nel suo modello tipico, una casetta affogata nel verde silenzioso e confortante della periferia cittadina, pochi vicini, molto riservati, quasi sempre assenti. Una famiglia priva di problemi, due figli e tanto spazio per le proprie cose. Aveva sempre desiderato entrare nelle loro vite, fin dal momento in cui li aveva visti per la prima volta. E presto avrebbe potuto soddisfare i propri desideri, realizzare la sua missione! Il suo coltello già gli fremeva fra le mani…

Attraversò la stanza buia dove si trovava la finestra da cui era entrato e arrivò nel salone principaleDavanti a sè poteva vedere la rampa di scale che conduceva al secondo piano. Bene. Presto avrebbe potuto porre fine alle voci che tormentavano i propri sogni, realizzare la volontà dei suoi misteriosi padroni. Ovvero, indicare  la luce ai nuovi adepti. Iniziò a salire le scale, lentamente, un grandino dopo l’altro, badando bene a non fare rumore. L’ampia scalinata saliva inesorabilmente verso l’alto e lui si avvicinava, si avvicinava, si avvicinava. Sempre più, implacabilmente.

La sua lama affilata del coltello aveva come una vita propria,  pareva muoversi e contorcersi fra  le  sue lunghe  dita, quasi sentisse ormai prossimo l’obbiettivo. La lama di luce della sua torcia tracciò il percorso. Di fronte a lui si stendeva un breve corridoio affacciato sulla balaustra di pietra e in fondo si potevano vedere due porte. Era l’ultima e la più lontana – che conduceva alla  stanza degli  adulti – quella che doveva affrontare subito se voleva esser sicuro che la sua opera giungesse a buon fine. Ai figli avrebbe pensato in seguito. Anche per loro sarebbe giunta la luce. Ma dopo.

Improvvisamente gli parve di udire un movimento. Si fermò subito e rimase in ascolto per qualche  secondo. Niente. Forse se l’era solo immaginato. Sì, doveva essere così. Fissò la lama che teneva in pugno e avanzò con fare deciso, spegnendo la torcia. Si avvicinò alla porta decorata che custodiva la camera da letto e accostò la mano alla maniglia. Presto, presto, sembrava gli sussurrasse l’arma. Fai presto e mostra loro la luce!

Il battente si aprì docilmente in avanti, rivelando un’ampia stanza riccammente addobbata. I suoi occhi vagarono veloci in tutte le direzioni. Ma come… Qualcosa decisamente non andava, no! Un leggero e fastidioso soffio d’aria gelida proveniva dalla lontana finestra e gli lambiva il volto. Guardò in quella direzione e notò che la vetrata era stranamente spalancata. Ma non avrebbe dovuto! Come mai? Forse non era stato abbastanza accurato stavolta, magari era stato disattento e non aveva esaminato tutte le abitudini di quelle persone, poteva  darsi  che…

Un movimento strano accanto al letto richiamò immediatamente la sua attenzione. Cos’era stato? Possibile che qualcuno si fosse svegliato…..? Subito riaccese la lampada e puntò il fascio di luce verso la fonte del rumore misterioso. Non appena il raggio colpì il bersaglio uno spettacolo mostruoso si disegnò di fronte a lui. A un lato del letto, chinato sul petto di uno dei due coniugi beatamente addormentati, vi era un essere magrissimo e sgraziato, il cui pallore cadaverico e innaturale metteva i brividi al solo guardarlo. Le sue dita oblunghe terminavano in artigli aguzzi e la sua testa presentava piaghe e pustole seminascoste tra le rade ciocche di capelli. Il quadro era già terrorizzante così, ma non era tutto. Lo strano essere, o mostro che fosse, aveva la bocca a diretto contatto con la nuda pelle del corpo imbelle sottostante – il  quale non di dibatteva ma aveva sul volto un’espressione dolorante e disperata -  mentre quei due canini, lunghi oltre ogni dire, affondavano decisamente nelle vene del malcapitato succhiando via con avidità sovrumana pian piano tutte  le sue energie vitali. Rivoli di sangue colavano ai lati, lentissimi,  vividi, copiosi.

Fu uno spettacolo troppo forte anche per Hubert. L’uomo lasciò cadere subito la torcia per terra e rimase immobile, incapace di fare alcunchè se non attendere il proprio destino. Non era buffo tutto ciò? Il serial killer più  famoso e  temuto del paese che incontrava una notte per caso il Re di  tutti  i serial killer sulla sua strada.E  soccombeva inevitabilmente nello scontro…

Avrebbe potuto lottare, combatterlo e cercare di ucciderlo. Aggrapparsi a lui con forza e affondare la propria lama nelle sue carni innaturalmente bianche, più e più volte. Oppure fuggire e sperare di scamparla in qualche modo. Ma sapeva che sarebbe stato tutto inutile. Un richiamo quasi ipnotico lo teneva fermo in quella posizione, annullando la sua volontà e ridicolizzandolo come un bambino spaesato. Ucciderlo! Che idea assurda!C ome avrebbe mai potuto fare male a quell’essere superiore, creatura demoniaca, l’assassino perfetto che continuava imperterrito la propria opera immonda? La voce non riusciva neanche a uscirgli di bocca, bloccata com’era nel suo petto ansimante, mentre le mani restavano immobili lungo i fianchi. Lasciò scivolare ai suoi piedi il proprio coltello, compagno di tante missioni sempre portate a compimento. Sarebbe stato del tutto inutile stavolta. Una  nuova voce interiore si stava sostituendo nella sua mente a tutte quelle che era abituato a sentire da sempre e stavolta era diversa, più  forte, incancellabile, irresistibile: gli diceva di cedere, di arrendersi docilmente, di aspettare. No, non avrebbe potuto fare niente, assolutamente. Solo guardare.

Udì un altro rumore davanti a sè e gli parve di vedere muoversi un’ombra. Sì, certo, ora era arrivato il suo momento. Mai più missioni come quella, mai più eccitanti fughe notturne. E, ovviamente, mai più occasioni di mostrare agli altri la luce. No, questa volta sarebbe toccato a lui apprendere la lezione, conoscere una nuova realtà e addentrarsi in un nuovo mondo. Esplorare una via nuova e sconosciuta e dimorarvi per sempre, imparare a lasciarsi condurre lungo percorsi tetri e oscuri. E mentre quell’essere dai denti innaturalmente affilati gli si avvicinava silenziosamente, Hubert non dubitava che sarebbe stato assai duro. E doloroso.

Sergio Palumbo