FRANCESCO CAROFIGLIO

Una storia che sembra un film “on the road” tra i deserti e le montagne di Arizona, New Mexico e Texas. Il protagonista ha quindici anni, è un americano nelle cui vene scorre sangue indiano e si chiama Wok, nome che per esteso è una specie di scioglilingua: Wokaiwokomas. Nella lingua navajo, significa Antilope bianca. Adolescente senza padre Wok, dopo la morte di sua madre Alice, è rimasto completamente solo al mondo. Decide allora di intraprendere un lungo e audace viaggio per raggiungere il nonno, figura cruciale nella narrazione, fiero indiano navajo che da molti anni vive rinchiuso dentro un ospizio in un indecifrabile silenzio. Ed è proprio il viaggio ciò che affascina di più nel testo che ha la caratteristica di avere un notevole ritmo narrativo. Un percorso che ci ricorda il grande cinema americano con la strada, nastro infinito e solitario, tra paesaggi spettacolari e panorami aridi che fanno da sfondo a un cammino avventuroso, metafora della vita.

E’ questa, brevemente, la trama di “Wok” (Edizioni  Piemme, 125 pagine, 10  euro), romanzo breve di Francesco Carofiglio, dalla scrittura netta e chiara, con frasi veloci, capitoli brevi e personaggi ben delineati. L’autore ha dato vita a una storia di formazione: “Si svolge nel periodo adolescenziale fase della vita – fa presente Carofiglio – in cui tutto può accadere sia in positivo o negativo”. Il racconto ha risvolti d’impegno sociale e, come spesso avviene nei suoi libri, tratta tematiche riguardanti il mondo giovanile, ma propone anche sviluppi di genere noir se pensiamo in particolare ad alcuni passaggi che fanno salire la tensione alle stelle.

Francesco Carofiglio vive e lavora a Bari dopo aver viaggiato e vissuto in varie parti d’Italia e all’estero. E’ un personaggio assai versatile: architetto, regista, attore, sceneggiatore, disegnatore. Da qualche settimana ha pubblicato un nuovo romanzo dal titolo “La casa nel bosco” (Rizzoli) in coppia con il fratello Gianrico, ex magistrato e scrittore di successo (tra i riconoscimenti ha ricevuto il “Premio selezione Campiello” nel 2010 ed è stato finalista al “Premio Strega” nel 2012).

Ha alle spalle i romanzi “With or without you” nel 2005 (BUR); “L’estate del cane nero” (2008), “Ritorno nella Valle degli Angeli” (2009) e “Radiopirata” (2011) editi da Marsilio; e il grafic novel “Cacciatori nelle tenebre” (2007) pubblicato con il fratello Gianrico per la casa editrice Rizzoli.

Abbiamo conversato con lui partendo proprio da “Wok”, testo che sta presentano in un tour nelle scuole superiori convinto che i primi a dover essere interessati alla lettura sono gli studenti.

UNA STORIA AMBIENTATA NEGLI STATI UNITI, CI PUOI SPIEGARE IL PERCHE’ DI QUESTA SCELTA?

Sia per l’ambientazione sia per la vicenda raccontata Wok si discosta dai romanzi precedenti in modo evidente. Mi è piaciuto lavorare in un territorio apparentemente lontano da me, infatti le altre mie storie erano tendenzialmente in Italia, in Puglia, nel Sud. La scelta deriva da più viaggi in America e dal fatto di aver conosciuto indiani, in particolare un navajo. Le immagini poi si sono formate nella mia testa in maniera casuale, mi piaceva raccontare la storia di una solitudine apparentemente dolorosa ma anche legata alla ricerca di un riscatto del protagonista, un ragazzino di quindici anni, solo, che va incontro a un destino di cui non è in grado di prevedere nulla. Il viaggio fatto con lui è stato molto stimolante.

IN “WOK” CI SONO TRACCE RELATIVE AL NOIR, ALL’AVVENTURA E ANCHE AL MISTERO. QUANTO SONO IMPORTANTI PER LE TRAME CHE SCRIVI?

Sono importanti nella misura in cui non diventino una finalizzazione del racconto. Mi piace che la traccia nera del racconto si innesti dentro una scrittura che apparentemente racconta vicende normali. Quindi non mi interessa fare una letteratura di genere, anche se la leggo con piacere. Mi piace, invece, scrivere delle storie in cui a un certo punto può accadere qualcosa di imprevisto.

SCRITTORE, ARCHITETTO, ATTORE, ILLUSTRATORE, TI POTREMMO DEFINIRE ARTISTA…

Dino Buzzati che oltre a essere un grande scrittore era un pittore sosteneva che sia che io abbia un pennello in mano o una macchina per scrivere, ciò che mi piace fare è raccontare delle storie. Questa è una frase che faccio sempre mia perché alla fine quello che mi piace è provare a raccontare delle storie. Che io lo faccia attraverso un romanzo o la messa in scena per il teatro, ma anche attraverso un progetto architettonico, che non è altro che una storia fatta con i muri o gli oggetti, mi piace pensare che le persone possano vivere in un modo o nell’altro nella metafora o nella realtà dentro queste piccole storie che racconto.

MA PENSAVI DI DIVENTARE SCRITTORE O AVEVI ALTRE ASPIRAZIONI?

Ho fatto l’attore per quindici anni e non pensavo di fare lo scrittore. Ma il bello è proprio questo, che ci siano ganci casuali dell’esistenza che ti portano da un’altra parte. Mantengo il contatto con le altre cose che faccio che comunque non sono degli hobby ma parti della mia formazione che poi in certi momenti riemergono e diventano attività, professione, lavoro, passioni. Continuo a fare l’architetto, non è un mestiere che ho messo da parte, ho uno studio e lavoro molto nella progettazione degli spazi museali e dei luoghi per esposizioni.

NEI TUOI ROMANZI CI SONO ANCHE RICHIAMI ALLA MUSICA, STIAMO PARLANDO DI “WITH OR WITH OUT YOU”, TITOLO CHE  RIMANDA AL BRANO DEGLI U2 E DI “RADIOPIRATA”, STORIA DI ALCUNI RAGAZZI E DI UNA RADIO LIBERA  AMBIENTATA AGLI INIZI DEGLI ANNI OTTANTA. QUANTO E’ IMPORTANTE PER TE LA MUSICA?

Sono i due romanzi in cui in maniera più marcata ci sono riferimenti alla musica. In realtà in tutti i romanzi che scrivo la musica è presente, sia come colonna sonora della storia, sia come meccanismo che induce l’attenzione alla scrittura. Io scrivo molto con la musica e non è detto che poi comparirà nella storia, però il mio rapporto con la musica è molto stretto.

TRA I GRANDI SCRITTORI, QUALI SONO I TUOI RIFERIMENTI E QUALI LETTURE PREDILIGI?

Un  grande scrittore del Novecento che amo molto è Truman Capote. Mi piace leggere di tutto e ci sono libri che porto con me, piuttosto che autori. Adesso attraverso una fase in cui mescolo molto le mie letture quindi rileggo i classici ma anche le novità che scopro in libreria.

TRA GLI AUTORI IMPORTANTI CHE HAI CONOSCIUTO C’E’ LO STATUNITENSE JOE R. LANSDALE, CON IL QUALE AVEVI UN PROGETTO IN COMUNE. A CHE PUNTO E’? CE NE PUOI PARLARE?

Sì. Avevamo insieme un progetto per un graphic novel che è rimasto congelato per un problema legato all’editore italiano. Ci siamo anche risentiti qualche tempo fa e non è detto che non lo si riprenda. L’idea era di lavorare insieme sul suo romanzo “L’anno dell’uragano” per farne di fatto un romanzo a fumetti.

CHE RAPPORTO DI LAVORO HAI CON TUO FRATELLO GIANRICO? VI LEGGETE, VI CONFRONTATE?

Ci leggiamo sempre quando i libri sono pubblicati, non ci sottoponiamo a un pericoloso giudizio preventivo.

DI RECENTE AVETE PUBBLICATO INSIEME, “LA CASA NEL BOSCO”. COME E’ VENUTO FUORI. CHI L’HA DECISO?

E’ stato abbastanza casuale. Ci avevano fatto la proposta di un certo tipo di libro, noi ne abbiamo scritto un altro. Il filo rosso del romanzo, che tiene conto anche della proposta iniziale, è la memoria legata al cibo, agli odori, ai sapori. Abbiamo raccontato una storia che è vera e in parte romanzata e riguarda alcune vicende della nostra infanzia legata a una casa di famiglia che è appunto la casa nel bosco.  La casa esiste ancora anche se da poco l’abbiamo dismessa e adesso è abitata da una giovane coppia.

CI SONO ANCHE NOTIZIE CIRCA UN TUO NUOVO ROMANZO IN ITINERE. QUALI ARGOMENTI TOCCA?

Parla di qualcosa di apparentemente inspiegabile. Uscirà a settembre per le Edizioni Piemme.

E DA QUELLO CHE RIUSCIAMO A FAR DIRE, A MICROFONI SPENTI, ALL’AUTORE LA PROTAGONISTA QUESTA VOLTA E’ UNA RAGAZZINA. LA STORIA COINVOLGE  PERSONE E PRESENZE CHE SI VEDONO OPPURE SEMBRA DI VEDERE. A QUESTO PUNTO LA CURIOSITA’ E’ TANTA, MA PER SVELARE L’ARCANO DOVREMO PAZIENTARE…E FARE UN SALTO IN LIBRERIA NEL PROSSIMO SETTEMBRE.

Filippo Radogna