UNA PICCOLA NUVOLA BIANCA

Il pianeta ruotava lentamente nello spazio.

Visto da lontano sembrava una massa scura, quasi nera, opaca, che non rifletteva la luce della stella vicino alla quale ruotava.

All’altezza dell’orbita del suo grande satellite, un mondo biancastro con riflessi azzurrini, butterato di crateri e di mari che non avevano mai conosciuto l’acqua, di catene montuose e di vette che non avevano mai conosciuto il morso del vento e lo scroscio della pioggia che a rivoli scendeva per le valli e le spaccature causate dallo sbalzo termico tra il sole ed il buio, tra il caldo ed il freddo.

Non c’era aria, non c’era mai stata, l’unico gas che si era innalzato da quei crateri e da quelle spaccature, erano i gas di combustione della lava, unico liquido che aveva percorso quel terreno milioni e milioni di anni prima. Nato dal grande pianeta a causa di un urto cosmico, il grande satellite si era dapprima sparso in grandi frammenti che gli ruotavano intorno e che in seguito, lentamente, si erano assemblati in un’unica sfera che si era allontanata gradualmente dal pianeta per poi praticamente assestarsi in un’orbita vicino a quel mondo che anche allora era coperto e cosparso di nuvole.

La cosa era però diversa da quel manto oscuro, vorticoso, ribollente come uno scuro mare in tempesta che si muoveva imponente intorno a quel pianeta. Le nuvole di allora erano grigie e poi bianche e sulla superfice di quel mondo cadde una pioggia benefica che durò secoli e che trasformò quella sfera riarsa in un pianeta con mari, oceani e fiumi.

E poi le nuvole divennero bianche.

Il sole penetrò attraverso di esse aprendosi vasti spazi e inondando il suolo, i mari e gli oceani, con i suoi raggi benefici e, nelle profondità del mare, piccole, invisibili forme di vita cominciarono a manifestarsi.

E fu il principio.

Quel mondo fu portatore di vita.

Ospitò migliaia di forme di viventi che nacquero, sopravvissero o morirono sulla terra e sui mari, dentro alla vastità degli oceani o in alto, in un cielo azzurro, tra l’aria limpida e tersa.

E fu la fine.

La creatura bipede dominante lo inquinò uccidendo se stesso e tutti gli altri esseri vegetali e animali che avevano prolificato su quel mondo e sul quale avevano vissuto in pace per secoli.

Ora la Terra era un mondo cosparso di nere rocce bollenti sotto l’effetto serra di nuvole permanenti che non lasciavano filtrare la luce del Sole e ruotava come una volta senza mai vedere la Luna o le Stelle e la grande volta dell’infinito. Lampi accecanti attraversavano l’atmosfera e cadevano nel duro terreno gelido sollevando polvere e sassi che un vento altrettanto freddo e mortale per ogni forma di vita trascinava nell’atmosfera turbinosa ed ostile.

Un liquido acido cadeva ogni tanto da quelle nuvole sotto forma di una pioggia tiepida e mortale per qualunque forma di vita ed il mondo morto vagava nello spazio come una nera tomba con nemmeno un ricordo di quello che era stato perché tutto ciò che l’uomo aveva costruito persino i suoi grattacieli di vetro, porcellana ed acciaio adamantino, scomparvero sotto il suolo e nulla, proprio nulla, rimase alla superficie.

Lontano e vicino al tempo stesso, a pochi chilometri in linea d’aria dalla zona equatoriale, vorticava lento un gruppo di nuvole che stava compiendo il giro dell’equatore con solenne e minacciosa pigrizia.

Ad una superficiale e rapida occhiata poteva sembrare una serie di nuvole come tante altre: con i bordi di un grigio meno scuro che scivolavano all’interno in un nero quasi assoluto e con frange sottili che scorrevano le une sulle altre compenetrandosi e disperdendosi per poi ricominciare di nuovo.

Ma non era proprio così.

A pochi chilometri sotto il minaccioso manto si poteva scorgere, illuminata dai lampi lontani, una forma soffusa, una sorta di nebbia più chiara che si muoveva lentamente seguendo l’onda portante del mare oscuro sopra di lei.

Avvicinando lo sguardo la nebbia manteneva non solo le sue forme, ma si scopriva molto più chiara di quanto fosse sembrata a distanza, leggermente luminosa al centro e più pallida alla periferia e, per quanto potesse sembrare incredibile, si rivelava essere una nuvola di modeste dimensioni e di un bianco quasi candido, leggermente pulsante all’interno, come un piccolo cuore che battesse silenzioso e timoroso tra il sibilo del vento, il bagliore dei lampi e il fragore dei tuoni.

Il fenomeno, già di per se strano, assunse delle valenze curiose, se non incredibili quando si poté capire che la nuvola non obbediva ai capricci del vento ma sembrava seguire un suo percorso preciso sfidando il turbinio dell’aria mortale come un guscio di legno che navigasse su una mare in tempesta. Questo esempio ha un riferimento piuttosto antico ma era la migliore spiegazione che si potesse dare al misterioso fenomeno.

Lentamente, ma con ostinazione, la piccola nuvola bianca continuava la sua strada diretta verso il Polo Sud del pianeta, ogni tanto sembrava voler risalire i pochi chilometri che la separavano dalle sue nere colleghe ma ritornava sempre nuovamente verso il basso, come se fosse stata scacciata con rabbia e disprezzo.

La piccola nuvola costeggiò la grande fossa che una volta, tanto tempo fa, conteneva un oceano e risalì fino ai primi contrafforti una volta ghiacciati del Polo e, lontano, scorse un punto luminoso intorno al quale le nuvole sembravano vorticare come impazzite.

Quella era la sua meta.

 

Lentamente, ma sicuramente, la piccola nuvola bianca si avvicinò al Buco dell’Ozono.

Ora noi sappiamo che non c’era più ozono da bucare, ma sappiamo anche che il vasto foro non si era mai richiuso e che le nuvole nere gli giravano intorno formando come una barriera insormontabile mentre lo strappo atmosferico era l’unico occhio rimasto puntato verso il Sole e le Stelle e sappiamo anche che le nuvole, bianche o nere che siano, non parlano, almeno così ci è stato insegnato ma sappiamo anche come le conoscenze possano essere cambiate da nuovi fenomeni mai avvenuti prima per cui possiamo benissimo immaginare il dialogo che può essersi svolto tra la Nuvola e il Buco, un dialogo forse fatto con il pensiero o con l’istinto o tramite il Creatore, questo non lo sapremo mai, ma ha davvero poca importanza…

 

«Ti vedo appena, piccola nuvola, era tanto tempo che non mi capitava di vedere qualcosa di diverso dal solito grigio o nero, da dove vieni?»

«Vengo dall’altro Polo, ti stavo cercando.»

«Come sapevi della mia esistenza?»

«Non lo so, ma sapevo che c’eri.»

«Sei l’unica nuvola così?»

«Sì, che io sappia, non ne ho incontrate altre. Anche di questo volevo chiederti… Perché sono diversa?»

Il Buco dell’Ozono sembrò esitare un momento prima di rispondere.

«Vedi – disse – tu sei quello che e rimasto di ciò che una volta era l’atmosfera di questo pianeta, sei fatta di vapore acqueo, un qualcosa che non esiste più su questo mondo. Non ricordi nulla della tua nascita?»

«Molto poco. Un tunnel buio, una pallida luce e qualcosa che mi ha spinto verso quella luce… fu la prima volta che vidi il cielo e le nuvole…»

Il Buco dell’Ozono parve riflettere.

«Uhm… sembrerebbe quasi una sacca di gas dal sottosuolo, magari ce ne fossero altre… ma anche così, come hai fatto a mantenere la tua composizione? Come mai non ti sei mischiata alle altre?»

«Non mi vogliono. Se mi avvicino mi scacciano»

«E’ meglio che sia così, mantieni il ricordo di quella che c’era. Io ricordo bene questo pianeta. Il cielo era azzurro e una moltitudine di creature volavano nell’aria, avevano grandi e piccole ali, sapevo dai venti che mi parlavano di pianure e di fiumi, di vallate verdi, ma ricordo anche che c’erano oggetti rombanti che solcavano l’aria lasciandosi dietro una bianca scia, un rumore infernale che risucchiava tutta l’aria intorno…»

«Erano esseri viventi?»

«No, erano oggetti guidati da piccoli animali. Si chiamavano uomini; costruivano cose che li trasportavano nel cielo, camminavano sulla terra e percorrevano il mare e gli oceani. Vivevano in grossi agglomerati inquinanti così come lo erano i loro mezzi di trasporto. Io nacqui in quel periodo, grazie alla temporanea riduzione dello strato di ozono che componeva allora l’atmosfera, si chiamava Zonosfera ed era ben diversa da questa, piena di gas velenosi. E sai perché questo era successo?»

Il Buco nell’Ozono non attese risposta e riprese:

«I responsabili di questo fenomeno che provocò la mia nascita furono i gas emessi quotidianamente dalle attività umane nei paesi più industrializzati: questi gas contenuti nei circuiti di raffreddamento, nelle bombolette spray che loro usavano in modi diversi e in quantità smisurate, reagendo chimicamente con l’ozono stratosferico provocarono questo assottigliamento dello strato di ozono e l’allargamento del “buco” sopra le regioni polari. Il risultato fu che, grazie al cedimento di questo strato che funziona come un filtro per i raggi solari permisero agli stessi di scatenarsi sulla Terra in tutta la loro violenza causando una parziale inibizione della fotosintesi delle piante con conseguente diminuzione dei raccolti e distrusse frazioni importanti del fitoplancton che è alla base della catena alimentare marina…»

«Non capisco molto di quello che stai dicendo.»

Se un Buco nell’Ozono potesse sbuffare spazientito quello sarebbe stato il momento giusto, invece riprese con calma:

«In altre parole i raggi solari cominciarono a bruciare la terra, l’erba, i raccolti che gli umani usavano come cibo e la respirazione si fece più difficoltosa. Capito adesso?»

«Credo di sì. E poi cosa accadde?»

«Accadde che questo pianeta collassò, non ce la fece più a sopportare tutte queste fonti inquinanti, in un attimo grosse tempeste ed eruzioni vulcaniche si diramarono per tutto il pianeta, l’aria, soffocata dai gas, scomparve per dare posto ad acidi e ad altri gas letali come l’anidride carbonica. Le nuvole mortali presero il sopravvento e chiusero la Terra in un abbraccio soffocante e mortale: sparirono i prati, i fiumi, gli animali, i pesci e le piante, rimasero solo dei batteri, mortali anche loro per ogni forma di vita come era un tempo.

Gli umani avevano paventato questo pericolo, gli avevano persino dato un nome: Effetto Serra. Immagino che ora vorrai sapere di cosa si tratti…»

«Sì, se è possibile.»

«Vediamo, come posso spiegartelo… Proviamo così. L’Effetto Serra è la capacità dell’atmosfera di trattenere più o meno calore: non è un fenomeno unico ma raggruppa tutti quei fenomeni che fanno variare il contenuto atmosferico di vapore acqueo, Anidride Carbonica e Metano. Questi due gas sono sempre stati presenti nell’atmosfera terrestre, ma non nelle quantità abnormi che furono poi prodotte proprio da questo Effetto Serra. In altre parole il riscaldamento di questo povero pianeta non si disperse più nello spazio, come in parte doveva verificarsi, fu trattenuto praticamente tutto all’interno di questa atmosfera che surriscaldò ed arse il suolo del pianeta, e poi fece anche di peggio. Il risultato fu la morte di ogni forma di vita. Sono stato abbastanza chiaro?»

«Mi sembra di sì. Tutto è destinato a rimanere così per sempre?»

«Questo non lo so. So che questi venti e queste nuvole oscure parlano di morte e di distruzione ed esprimono il loro mortale lavoro con cattiveria e sadico piacere. Vivono bene in questa atmosfera e non intendono abbandonarla. E’ già successo su altri mondi, anche per cause naturali. Non so davvero se sarà per sempre, temo di sì, ma per esserne sicuri bisognerebbe chiederlo al Sole. Lui è l’unico che può saperlo…»

«Il Sole… conosco questo nome… Dove si trova?»

«Fuori da qui, fuori da questo pianeta, nello spazio, è lui la fonte principale di vita per un pianeta. Per più di quattro miliardi di anni il Sole aveva inondato la Terra e tutto lo spazio circostante con una enorme quantità di energia; e parte di questa energia veniva emessa sotto forma di luce e questa sua luce era di fondamentale importanza per quasi tutte le forme di vita sulla Terra; senza la luce del Sole la stragrande maggioranza degli organismi viventi che popolavano la superficie del pianeta non sarebbe potuta esistere e questo, ora, lo puoi vedere anche da te…»

«E lui potrebbe fare qualcosa?»

«Per far tornare tutto come era una volta?»

«Sì, può farlo?»

«Non lo so, non lo so davvero.»

«Tu puoi accompagnarmi da lui?»

«Non è possibile. Lui sta lontano. E’ lassù, nel cielo. Fuori dall’aria, sarebbe un viaggio lungo e pericoloso e senza ritorno. Nessuno ti può accompagnare.»

«Allora indicami la strada.»

«Moriresti prima di raggiungerlo, il freddo dello spazio ti congelerebbe ed anche se questo non accadesse mano a mano che ti avvicini a lui i suoi raggi infuocati potrebbero bruciarti… ed anche se tu arrivassi da lui come poi torneresti indietro? No, resta, piccola nuvola bianca e fammi compagnia assieme ai ricordi…»

«I ricordi non servono contro le nuvole nere e il vento mortale. Preferisco morire e tentare piuttosto che restare in questo mondo di morte.»

Il Buco dell’Ozono tacque per lungo tempo, tanto che la nuvola pensò che non gli volesse più parlare. Poi, all’improvviso la sua voce risuonò tra i suoi refoli bianchi:

«Io sto combattendo contro di loro da secoli. Vorrebbero chiudermi per sigillare questa poca luce. Presto vinceranno… ti aiuterò.»

Quasi avessero sentito le nubi si fecero più vorticose e sembrarono tendere i loro artigli neri verso la nuvola mentre il vento si alzò più forte.

«Presto – disse il Buco dell’Ozono concitatamente – mettiti esattamente sotto di me e poi sali verso la mia luce, cercherò di sospingerti nella giusta direzione e ti troverai nel vuoto dello spazio… il resto dovrai farlo tu…»

La nuvola obbedì prontamente ed entrò nel cono di luce, subito si sentì spingere verso l’alto, verso lo squarcio aperto del Buco dell’Ozono, fece appena in tempo a notare come la pressione delle nuvole e dei venti cercassero di forzare la colonna di luce ma, anche se con fatica, il tunnel si mantenne aperto e solo dei piccoli refoli neri riuscirono a penetrare, subito distrutti dal lucore che permeava e scendeva quasi fino al suolo. La velocità aumentava e la piccola nuvola bianca raggiunse presto la cima del Buco, fece appena in tempo a vedere la nera tempesta che ruotava come impazzita sul bordo e poi si trovò sopra le nuvole mentre, dietro di lei, il Buco si allontanava rapidamente.

«Tra poco ti troverai totalmente fuori dall’atmosfera… – le disse questi. – Non so se ci rivedremo ma comunque sia ti auguro buona fortuna e buon viaggio.»

La piccola nuvola non fece in tempo a rispondere che si trovò al di fuori dell’atmosfera, in mezzo al nero dello spazio punteggiato da stelle luminose di diversi colori e che brillavano sicure e lontane. Davanti a lei c’era uno scudo argenteo che risplendeva riflettendo la luce del Sole che era alle sue spalle. La prima sensazione che ebbe fu alquanto strana perché una parte di essa sembrava come se volesse diventare sempre più rigida mentre un’altra emanava i primi esitanti fumi di vapore che sembravano disperdersi nello spazio.

Forse fu un gesto istintivo il suo, non lo sapremo mai, ma la piccola nuvola cominciò a girare su se stessa mantenendo in questo modo la temperatura costante offrendo il suo corpo gassoso alla luce ed alla tenebra. Il disco argenteo si stava lentamente ma decisamente avvicinando e la piccola nuvola si augurò che il Buco dell’Ozono l’avesse inserita in una traiettoria giusta per raggiungere il Sole, un globo di un bianco accecante appeso in un cielo dal nero infinito perché nessuna stella si poteva scorgere vicino a quella massa infuocata.

Ad un certo punto la nuvola si accorse che la sua velocità stava diminuendo sempre di più e mano a mano che procedeva il suo avanzare diventava sempre più difficoltoso fino a quasi fermarsi. Disperatamente usò tutte le sue forze per mantenere il suo percorso, ma sembrava che ogni sforzo fosse inutile fino a che si accorse che la velocità stava lentamente aumentando mano a mano che si avvicinava allo scudo argenteo nel quale si distinguevano adesso delle macchie più scure, come un viso il cui sorriso non esprimeva sicurezza ma, anzi, sembrava irridere i suoi sforzi.

Eppure, ne era sicura, stava precipitando verso quel corpo luminoso più piccolo della Terra ma cosparso, era sempre più chiaro, di crepe, di fratture e di buchi: sembrava di vedere, pur sotto un colore diverso, una Terra senza nuvole nere.

Beh, se questo era il potere del Sole, allora non rimanevano molte speranze per il suo mondo. Con la vicinanza sempre più accentuata poté vedere chiaramente i crateri i cui gradini degradanti finivano nel buio, le aguzze montagne e le valli con crepacci che le tagliavano in due. La direzione stava portando la piccola nuvola a passare vicino a quel globo sconosciuto per cui si rasserenò un poco vedendo che il suo viaggio non era finito.

«Chi sei tu? La tua forma non mi è sconosciuta.»

La voce proveniva da quel globo biancastro, non vi era dubbio, il tono era tra lo stupito ed il sospettoso e la nuvola trovò giusto rispondere:

«Sono una nuvola e tu chi sei?»

«Io mi chiamo Luna. Sono il satellite naturale della Terra.»

«Che cosa è un satellite?»

«Un satellite naturale è un qualunque corpo celeste che orbiti attorno ad un corpo diverso da una stella, come ad esempio un pianeta, nel mio caso la Terra…»

«Orbiti?»

«Vuol dire che ci gira intorno. Io orbito attorno alla Terra da quasi cinque miliardi di anni secondo il tempo calcolato dagli umani, un anno corrisponde a un giro mio e della Terra intorno al Sole, attorno al quale anche noi orbitiamo.»

«Cinque miliardi di anni? Sembra molto tempo.»

«E lo è. Allora non era tutto tranquillo come lo vedi adesso, tanti altri pianeti orbitavano attorno al Sole in uno spazio ristretto e ci furono molte collisioni. Grazie ad una di queste io sono nata: io nacqui, infatti, a seguito della collisione di un planetoide delle dimensioni simili a quelle di Marte con la Terra quando quest’ultima era ancora calda, nella prima fase della sua formazione. Il materiale scaturito dall’impatto rimase in orbita intorno alla Terra e poi si unì facendomi nascere.»

«Chi è Marte?»

«Un altro pianeta, molto più distante, ha le dimensioni che sono la metà della Terra.»

«Quindi conosci bene la storia della Terra?»

«Praticamente da sempre. Ma dimmi di te, ora: cosa sei e dove stai andando?»

«Te l’ho detto. Sono una nuvola e sto andando a parlare con il Sole.»

«Una nuvola… come quelle che io vedo laggiù? Ma tu sei bianca e dello stesso colore di quelle che io ho visto per molti e molti secoli attorno alla Terra.»

«Sono l’unica rimasta, pare…»

«Che ci vai a fare dal Sole? Brucerai viva, fermati qui.»

«Non posso. Voglio andare dal Sole a chiedergli di fare tornare in vita la Terra.»

«Il Sole non può fare nulla, fermati da me e dammi la tua acqua…»

«Come fai a saperlo che non può fare nulla?»

«Perché lo avrebbe già fatto. Ha lottato inutilmente contro le nuvole nere per tutti questi anni e secoli e non c’è stato nulla da fare.»

Intanto la piccola nuvola stava acquistando velocità passando vicino al satellite; le montagne scorrevano veloci assieme ai vasti crepacci ed ai crateri poi, all’improvviso, la luce sparì del tutto e fu un buio trapunto di stelle.»

«Che è successo?»

«Sei passata dall’altra parte, quella non illuminata dal Sole, stai aumentando la velocità e tra poco ti allontanerai. Fermati qui, ti prego, dammi la tua aria e la tua acqua, la prima è quasi sfuggita nello spazio tanto tempo fa e la seconda giace nascosta dentro ai crateri più profondi: fredde masse di ghiaccio.»

«Non posso farlo. C’è un pianeta che soffre sotto le forze maligne dei mondi morti. Un giorno, forse, ridata la vita alla Terra, potremo tornare da te ed aiutarti, ma per ora devo lasciarti… addio.»

«Va bene- rispose la Luna tristemente – tornerò nel mio gelo e guarderò la Terra aspettando che un giorno risorga, se mai sarà possibile, poi aspetterò ancora nell’attesa che i nuovi uomini o qualcuno meglio degli uomini, faccia arrivare in me una vita nascente. Addio, piccola nuvola bianca. Buon viaggio, ammiro la tua speranza…»

«Ed io la tua pazienza. Addio»

Il piccolo batuffolo bianco si perse nel nero dello spazio diretto verso la sua meta.

 

Non abbiamo mai saputo con certezza se le nuvole, bianche o nere che siano, abbiano bisogno di riposare: non sembrerebbe visto il loro continuo muoversi e cambiare forma. Però, forse, lassù nello spazio, dove vigono leggi diverse, può darsi che le nuvole debbano dormire o cadere in una forma di letargo in modo da poter affrontare meglio un lungo viaggio.

In questo stato di stasi era la nostra nuvola quando una voce la risvegliò:

«Mi senti? Ehi, tu mi senti?»

La piccola nuvola bianca emerse dallo stato inconscio: il cielo era sempre nero e trapunto di stelle, il Sole era alla sua sinistra e il moto rotatorio continuava a diffondere e disperdere calore e gelo.

«Se mi senti rispondimi. Cosa sei?»

La nuvola non riusciva a capire da dove venisse la voce, nello spazio non si poteva stabilire una direzione e dapprima pensò che fosse il Sole a parlarle. L’astro era indubbiamente diventato più grande raddoppiando quasi le dimensioni, ma la voce precisò:

«Sono qui, guarda sotto di te.»

La nuvola guardò.

Vide uno grande sfera bianca sopra la quale correvano nuvole grigiastre che nascondevano totalmente la superficie. Era un pianeta piuttosto grande ed anche simile alla Terra, con quei turbinosi mari di nuvole che si accavallavano le une sulle altre. La nuvola vide che, come con la Luna, sarebbe passata di fianco al pianeta. Il tono di voce di quello strano mondo aveva un che di disperato e di urgente. Dopo un attimo di esitazione la piccola nuvola bianca si decise a rispondere.

«Io sono una nuvola. Tu chi sei?»

«Una nuvola, qui? Io sono un pianeta, mi chiamo Venere, tu da dove vieni?»

«Dalla Terra…»

«La Terra è morta. Abbiamo sentito tutti i suoi gemiti e poi il lungo silenzio. Almeno per lei la tortura è finita, per me è eterna.»

«Cosa vuoi dire?»

«Guarda… guarda la mia superficie.»

Le immagini di un mondo sconvolto, una superficie nera, scura, fatta di lava solidificata, la quasi totale assenza di vento al suolo, la grande pressione che falsava l’orizzonte e le piogge acide che colpivano la superficie, apparvero davanti alla nuvola.

«Terribile, vero? – riprese la voce. – Questo sono io, praticamente da sempre, la pressione al suolo è enorme. È come essere mille metri sotto la superficie di quello che una volta era un oceano della Terra e la temperatura è di 460 gradi.

«Terribile – confermò – ma come è successo?»

«Nascemmo uguali, io e la Terra, uguali anche come dimensioni, poi un giorno maledetto un grande pianeta fermò praticamente il mio moto di rotazione che oggi è lentissimo, quasi uguale a quello di rivoluzione… Con questa temperatura le rocce appaiono luminescenti. Il clima è dominato ora da un enorme effetto serra, e questo perché adesso la mia atmosfera è composta quasi totalmente di Anidride Carbonica, non esiste acqua allo stato libero… insomma, ancora una volta io e la Terra siamo diventati pianeti gemelli… Ora dimmi, ti prego, sei venuta per me?»

«No. Sto andando dal Sole per salvare la Terra.»

«E cosa può fare il Sole? E’ grazie anche a lui che sono ridotto così… Ho ancora il ricordo – la voce si fece quasi un sussurro – di piogge tiepide, di un cielo di un azzurro chiaro, di piante e di fiori e di piccoli insetti che ronzavano nel cielo o vivevano nella terra umida, poi ho il ricordo di quell’ombra minacciosa, dell’urto, del buio, un silenzio quasi angosciante, poi il sibilo e il rombo dei vulcani che eruttavano lava distruggendo ogni cosa, il rosso scuro del cielo, i gas mortali che invadevano ogni cosa… e ora è così… Ma io ricordo – la voce si alzò di un tono – ricordo quelle nuvole bianche… come te, contenevano acqua… vita. La riconosco… ti prego, ridammi la vita… Fermati, non andare via…»

La voce si fece un sussurro lontano mentre la piccola nuvola bianca schizzava, aumentando la velocità verso l’astro lucente che si stava avvicinando al loro appuntamento nello spazio.

 

Mano a mano che si avvicinava al Sole la piccola nuvola bianca si accorse che la sua velocità, invece di aumentare stava rallentando e non riuscì a comprenderne la ragione. Una volta, in lontananza, vide un piccolo oggetto che passava davanti al disco del Sole, un altro pianeta, probabilmente, ma questi sparì lontano, nello spazio.

Non solo il rallentamento si faceva sempre più presente ma lei stessa iniziava a risentire del calore sempre più potente che la bianca stella emanava e cominciò a capire che il suo viaggio era senza speranza: non avrebbe mai raggiunto il Sole, sarebbe evaporata prima e nemmeno la veloce rivoluzione su se stessa avrebbe potuto salvarla.

Poi si fermò.

Non poteva più andare avanti, la sua spinta era compensata da una misteriosa forza che la rimandava indietro: la piccola nuvola cercò con tutte le sue forze di andare avanti ma capì che era inutile, Stava per abbandonarsi alla disperazione quando una voce possente esplose intorno a lei.

«Non puoi andare più avanti.»

La nuvola sobbalzò per quanto una nuvola potesse sobbalzare. Quella voce era più forte di tutte le altre che aveva sentito fino a quel momento: non era triste come quella della Luna o disperata come quella di Venere, era autoritaria, non proprio minacciosa, ma sembrava non ammettesse repliche.

«Non puoi andare più avanti. – replicò la voce –. Moriresti.»

«Chi sei? Non ti vedo…» rispose timidamente la nuvola.

«Ma certo che mi vedi, sono proprio qui, davanti a te.»

E allora, guardando quel grande globo luminoso sul quale si cominciavano già a distinguere le macchie e le esplosioni che si alzavano dalla superficie per poi ricadere lentamente al suolo, la nuvola capì.

«Tu sei il Sole?»

«Sì. Io rappresento tutto un sistema di pianeti, di satelliti, di comete che mi girano intorno. La mia piccola corte, il mio impero. Cosa vuoi? Perché sei qui rischiando di distruggerti?»

«Sono qui per la Terra, il mio pianeta.»

«Conosco la Terra. Era il mio mondo preferito, mi piaceva coltivarne la vita, ma ho piantato dei semi che l’hanno mortalmente ferita. Ora vaga nello spazio coperta solo dal suo dolore.»

«Tu puoi guarirla?»

«No, io non posso farlo.»

«Allora il mio viaggio è stato inutile.»

«Quello che hai fatto non è stato comunque inutile. Ora torna sulla Terra, piccola nuvola bianca.»

«Tanto vale morire qui, rapidamente, tra le tue braccia.»

«Nemmeno questo posso concederti. Colui che tutto muove ti ha destinata ad un altro compito del quale io sono solo il tramite. Solo tu potrai decidere, io posso solo mandarti indietro rapidamente e così farò. Ti ritroverai ai limiti dell’atmosfera del tuo mondo, quello che succederà dopo dipende solo da te.»

«No, aspetta…»

Troppo tardi. In un attimo si sentì trascinare indietro e pochi istanti dopo galleggiava ai limiti dell’atmosfera della Terra.

La Luna brillava come prima e, sotto di lei vorticavano selvaggiamente le nuvole nere che sembravano irriderla delegando al vento una risata di scherno, pareva sapessero del fallimento della sua missione ma guardando bene si rese conto del perché di quei suoni beffardi: il Buco dell’Ozono era scomparso, la Terra era adesso nel buio più totale.

Questa era veramente la fine di tutto, cosa restava da fare? Nulla. Quelle maledette nuvole non l’avrebbero mai fatta entrare ed anche se questo fosse avvenuto doveva continuare a vivere in un mondo buio, morto, triste, frustrato da un vento freddo?

No, non ne valeva la pena: le immagini che aveva visto di quello che era la Terra ed anche Venere le avevano fatto capire ancora di più che “quello” era il mondo nel quale avrebbe voluto vivere e mutarsi nel ciclo più naturale della vita, da vapore ad acqua e poi di nuovo su, nel cielo, dissetando, rinfrescando ed irrorando le altre creature. E se questo non doveva più esistere era meglio finirla lassù, vicino al suo mondo.

La struggente calma, assieme alla tristezza che l’aveva colta, cominciarono a creare le prime gocce d’acqua che caddero dagli strati più alti dell’atmosfera verso il mare nero sottostante e quando lo raggiunsero si alzò altissimo un grido di dolore mentre la nera nuvolaglia si sfaldava come sotto una disintegrante reazione a catena, aprendo vasti squarci verso il terreno sottostante.

Dall’alto la piccola nuvola bianca vide quello che stava accadendo e sorrise felice mentre, come un veleno le gocce di pioggia si diramarono lungo tutta la superfice della Terra e, finalmente, dopo tanti anni, i raggi solari raggiunsero la superfice dove le gocce, colpite dal calore, ritornavano nel cielo formando altre nuvole bianche che diventavano poi pioggia e il ciclo cominciava da capo.

L’ultima goccia di quella che era stata una piccola e coraggiosa nuvola bianca cadde nel terreno e scivolò dentro ad un anfratto oscuro e toccò proprio a quella goccia, come era giusto, a dare vita al primo fiore del nuovo mondo e naturalmente fu un fiore bianco.

E fu l’inizio.

Giovanni Mongini