LA SCOMPARSA DI MOHENJO-DARO

Situata in Pakistan, fra Larkana e Kandiaro, circa 5-6mila anni fa, fioriva ancora la città di Mohenjo-Daro, protagonista di una vicenda sconvolgente e che ha dell’incredibile.
Un cataclisma? Un terremoto? Un uragano?
Cosa distrusse orrendamente e per sempre quel luogo?
E’ su questa domanda che ci soffermiamo, riportando dichiarazioni di studi e ricerche effettuati sul luogo e in base al materiale ritrovato.
Innanzitutto notiamo nella sua topografia (nella foto a sinistra) una disposizione urbana cosiddetta “a raggiera”, con le strade confluenti verso il centro.
Non dimentichiamo poi di segnalare l’incredibile stato di avanzata tecnologia urbana raggiunto dalla civiltà di Mohenjo-Daro, quasi impossibile da far risalire a ben 4mila anni prima di Cristo, periodo in cui più o meno iniziò a sorgere questa misteriosa civiltà. Case costruite con mattoni cotti, quasi come quelli adoperati nei nostri attuali cantieri, a due o tre piani, ognuno provvisto di servizi igienici ed acqua corrente, come dimostra chiaramente il sistema di tubature nonché la rete fognaria cittadina, che gli esperti inglesi non hanno esitato a definire simile, se non migliore, delle nostre. Sotto ogni via corrono tubazioni e cloache, destinate, questa ultime, a raccogliere rifiuti ed acqua piovana, evidentemente copiosa in quel periodo.
Durante gli scavi furono trovati due vasi d’argento: uno contenente gemme, oro e preziosi vari, l’altro un tessuto di cotone tra i più antichi mai ritrovati. Sappiamo infatti che si trovano tracce di questa pianta presso gli antichi Nativi americani e nel bacino del Mediterraneo ai tempi di Alessandro Magno, intorno al 300 a.C.
Sconvolge ancora di più il ritrovamento di alcuni elmetti simili a caschi da astronauta e di armi da guerra forgiate con una lega composta per lo più da alluminio. Da notare che, benché l’alluminio sia largamente diffuso sulla Terra, è però un metallo difficile da estrarre: il processo elettrolitico sinora conosciuto, per ricavare alluminio dalla bauxite, è stato sviluppato solo dopo il 1808.
E arriviamo ora alle cause della distruzione di Mohenjo-Daro. Nessun cataclisma naturale avrebbe potuto annientare la città, visto che sono stati ritrovati pozzi di acqua ancora potabile dopo così tanti anni, segno questo che le sorgenti del sottosuolo non hanno subito alterazioni di sorta.
Gli scavi archeologici diedero alla luce vasi di vetro completamente colati, mattoni e vasellame di creta sciolti come burro, corpi ritrovati in posizioni particolari, come s fossero stati scaraventati da un forte vento e carbonizzati, tanto che, su alcune pareti delle abitazioni periferiche, vi sono ancora le impronte del corpi orrendamente arsi.
Si azzarda l’ipotesi di un’esplosione nucleare… all’incirca 2mila anni prima di Cristo.
A tal proposito così ne parla il Mausola Parva, antico testo indiano che tra le altre cose parla anche dei “vimana”: “Fu un’arma sconosciuta, una folgore di ferro, un gigantesco messaggero di morte, che ridusse in cenere tutti gli appartenenti alla razza dei Vrishnis e degli Andhakas. I cadaveri bruciati erano irriconoscibili, i capelli e le unghie cadevano, il vasellame si rompeva senza cause apparenti, gli uccelli diventavano bianchi e nel volgere di qualche ora i cibi si fecero malsani”.
Tutto ciò può essere solo frutto di una fervida immaginazione? Sembrerebbe che ogni indizio porti alla conclusione di una contaminazione nucleare. Come avrebbero potuto altrimenti descrivere così bene gli effetti delle radiazioni sui cibi, sugli animali e le persone non essendone a conoscenza? E come mai sulla distrutta millenaria Mohenjo-Daro non fu mai più costruita un’altra città, ma quel luogo fu abbandonato per sempre dopo secoli di fiorente civiltà?
Solo la curiosità e la sete di sapere hanno permesso la riscoperta di questa antica città. Studiosi e archeologi ancora oggi gareggiano per svelare il segreto della scomparsa di Mohenjo-Daro, mentre l’unica soluzione possibile è anche la più assurda.
E Mohenjo-Daro continua a resistere al tempo per conservare intatto il ricordo del suo passato… un passato ancora sconosciuto.
 
Originariamente pubblicato sul numero 6 de LA ZONA MORTA, aprile 1991
Corretto e ampliato per il sito LA ZONA MORTA, giugno 2007
11/07/2007, Davide Longoni