VI TROFEO LA CENTURIA E LA ZONA MORTA: IV CLASSIFICATO

L’ORDALIA

di CLAUDIO FOTI

1

Dories non è famosa per i suoi parchi o per gli spazi aperti. Quando divenne capitale delle “Terre” nessuno sentì il bisogno di abbattere le sue alte mura per fare più spazio. Qualsiasi torneo vi si tenga, perfino l’appuntamento annuale della giostra più importante dell’Impero, si tiene fuori le possenti porte difensive. Le alte mura e le torri che la circondano, costruite quando questa era ancora solo una città stato, abbracciano un abitato cresciuto in modo disordinato, caotico, senza ormai più spazio.

Cronache di Athom

 

Sir Wurt di Uviolan era disorientato.

Comprendeva lo scalpore causato dalla sua tanto inattesa quanto spettacolare vittoria, un vero e proprio trionfo, al torneo che l’Imperatore di tutte le Terre teneva annualmente a Dories.

Però non comprendeva quello strano strascico.

Era stato appena premiato da Bolt in persona, che sir Demetrio, gran cancelliere della capitale, gli si era avvicinato invitandolo a seguirlo per ‘una questione estremamente urgente’.

Il cavaliere s’era quindi scusato col suo Imperatore, coi nobili delle Claestil e con le dame plaudenti e s’era disposto a rispondere all’invito tanto cortese quanto impellente.

Ora, però, che l’euforia della valente affermazione stava calando, la mente di sir Wurt aveva iniziato a porsi alcuni interrogativi.

Di cosa mai, uno tra i consiglieri più importanti dell’Impero, aveva necessità di parlargli?

E dove lo stava conducendo?

Procedevano all’interno di una delle alte torri che costellavano le spesse mura del Maschio di Dories. La sua curiosità lo spingeva a chiedere subito al consigliere, che lo precedeva lungo le scale di pietra, un minimo di spiegazione, ma il naturale contegno che un cavaliere doveva rispettare glielo impediva. S’impose quindi di attendere, seguitando a tener dietro alla sua nobile guida in dignitoso, quanto frustrato, silenzio.

Finalmente sir Demetrio si fermò dinanzi a una porta massiccia. Distrattamente il cavaliere notò che quella era l’ultima porta della torre, quella posta più in alto.

‹Vi ringrazio per avermi seguito con tanta cortesia, cavaliere›, disse Sir Demetrio fissandolo intensamente con i suoi profondi occhi azzurri, poi aprì la porta e gli fece spazio ‹un ospite… tanto nobile quanto rispettato dal nostro amato sovrano… ha espresso desiderio di parlare immantinente con voi appena il torneo fosse terminato. Inoltre, dovete sapere che, dopo avervi visto nel primo scontro, ha affermato che senza dubbio sareste stato voi il vincitore! E’ stato un buon profeta, a quanto pare.›

Sir Wurt si limitò ad annuire col capo.

Varcò la porta.

E subito quella si richiuse pesantemente alle sue spalle.

Il cavaliere quasi non se ne rese conto in quanto tutta la sua attenzione era attratta dalla figura, snella ed elegante, in piedi dinanzi alla finestra proprio di fronte all’ingresso.

‹Mi devo scusare, cavaliere, per avervi posto urgenza›, disse voltandosi.

Sir Wurt rimase stupefatto.

Di fronte a lui, in quella stanza dall’arredamento scarno e umile, niente più d’un tavolo, un paio di sedie, e un piccolo mobile ligneo alla sua destra, c’era un rappresentante del Popolo della Foglia.

‹Non siate così stupito›, s’affrettò a rassicurarlo l’inatteso ospite. ‹Dovreste sapere che tra noi elfi e le Claestil intercorrono da molto tempo relazioni diplomatiche…› continuò mentre una smorfia ferina baluginò sul suo volto.

Vero.

Ma nessuno, a parte sua maestà l’Imperatore o uno della sua cerchia più ristretta di più fidati e intimi amici e consiglieri, aveva mai visto un diplomatico di Monti degli Elfi fuori da quel territorio misterioso.

‹Ma sedete, vi prego›, l’invitò affabilmente l’ospite, evidentemente avvezzo alle cortesie imperiali.› Desiderate bere qualcosa?›

‹Vi ringrazio, ma devo confessare che al momento la curiosità supera la sete›.

‹Certo, è naturale›, sorrise l’elfo facendolo accomodare.

Ci fu un lieve bussare.

All’invito a entrare del diplomatico, una fanciulla avanzò nella stanza e depose sul tavolo un vassoio con due boccali e una caraffa di peltro.

‹E’ un ottimo vino prodotto dai nostri campi, un ‘rosso’ schietto che può esser degustato anche fuori pasto›, disse sir Demetrio che era rientrato dietro la dama.

‹Brindiamo alla vostra vittoria, cavaliere›.

‹Davvero gentile,› sorrise sir Wurt.

‹Eccellente›, apprezzò l’elfo, riponendo il boccale. ‹Un po’ forte, ma… Eccellente!› mentì ancora. Era noto dalle sue parti che gli umani avessero la pretesa di saper fare il vino, ma la loro conoscenza non era che una pallida eco dell’arte elfica della vinificazione.

‹Sono lieto che apprezziate›, interloquì il cavaliere ‹tuttavia mi chiedo…›

‹Ah, naturalmente, vedete, non ho potuto fare a meno di ammirare le vostre gesta, al torneo appena concluso. E… ho notato un piccolo particolare…›

‹Ossia?›

‹Il grazioso anello di fiori che avete sul pettorale›, rivelò l’elfo. ‹Non manco da Instrid da così tanto tempo da non riconoscerne un figlio, quando lo vedo. Posso sapere come lo avete avuto?›

Sir Wurt abbassò lo sguardo sul piccolo, grazioso disegno intarsiato al centro dell’armatura.

Se ne era quasi dimenticato l’esistenza.

‹Come avete fatto a… ›

‹…scorgere una cosa così piccola da così distante?› intuì l’elfo. ‹Perchè l’ho sentita, cavaliere!›

‹L’avete sentita…›, ripeté sir Wurt, soprappensiero.

Non era stupito.

Dopotutto, era stato testimone di ben altre stranezze.

Il ricordo degli eventi di quella terribile notte emerse improvviso.

‹E’ un bene che proprio voi, degno rappresentante del vostro popolo, mi abbiate posto tale questione. Anche perché, forse, nessuno più di voi potrebbe dirmi… spiegarmi… cosa è accaduto davvero!›

‹Sarò lieto di potervi essere utile›, annuì il diplomatico facendosi attento.

Sir Wurt appoggiò la schiena alla spalliera, puntò lo sguardo al tratto di cielo azzurro che ammiccava benevolo attraverso la bifora poco distante, e cominciò a raccontare.

2

Il Reame degli elfi, costituito principalmente da fitti boschi fu fondato da un gruppo di giovani che cercavano rifugio. Arrivati sulla costa orientale delle selvagge Terre, proprio sotto la catena montuosa dei Picchi di Dolore, fondarono il cuore della possente e inviolata Instrid. A poche miglia eressero Iper’arbora e altre cittadelle i cui nomi non sono noti.

Cronache di Athom

 

La nebbia era calata bruscamente, avvolgendo i due cavalieri in volute di brume candide, perlacee.

Il viaggio da Uviolan era stato lungo, pesante.

Solo pochi, secchi scambi verbali avevano interrotto il quieto procedere delle cavalcature.

E la questione non era ancora stata risolta.

Entrambi avevano infatti rivendicato l’onore di rappresentare i colori del Barone Adam Uviolanner al torneo imperiale che si sarebbe tenuto in capo a un mese a Dories.

Ma il vecchio barone, per non arrecare torto a nessuno dei due cavalieri, aveva preferito non scegliere. Uno dei due rappresentanti aveva il suo stesso sangue, ma la sua casata già aveva pagato un doloroso fio e non aveva intenzione di fare delle preferenze. Essere barone di Uviolan, era ormai solo un titolo senza alcun peso politico, che schiacciava i possessori con onte antiche e terribili. La storia del baronato di Uviolan era intrisa di grande onore e grandi vergogne. Liam, lontano avo di Adam, aveva guidato con successo l’attacco alle retrovie delle prima grande orda degli orchi che aveva invaso le Calestil. Ma alcuni decenni dopo il suo diretto discendente, il barone Liardo, mentre in città imperversava una tremenda pestilenza pensò bene, per evitare il contagio, di rinchiudersi nel suo castello con tutti i signorotti locali, dopo aver rastrellato dalla popolazione tutte le provviste e le giovani donne. Una sera proprio all’apice della virulenza dell’epidemia Liam tenne una grande festa mascherata e verso la mezzanotte una figura mascherata da ‘Morte’ abbia fatto il suo ingresso a castello. Il barone irritato dal cattivo gusto del costume dell’invitato ordinò alle guardie di sbatterlo fuori, ma queste prima di spirare fecero solo in tempo a vedere apparire sui propri corpi il marchio terribile della peste. Così presero il via le peregrinazioni degli Uviolanner, visto che la loro cittadina divenne inaccessibile per vari decenni. Per molti lustri si trovarono raminghi in un Impero dove non vi era più posto per loro. Si unirono con scarso successo alla prima lega delle città dalla quale dovettero uscire decimati a causa della rivalità con la potente città di Irtellev. Poi con l’adesione alle Claestil la baronia degli Uviolanner fu costretta a seguire rigidi obblighi militari e a scendere sul campo di battaglia al fianco degli altri nobili e a seguire le indicazioni dell’Imperatore di tutte le Terre. Fu così che a soli venti anni Adam fu chiamato a ricoprire il ruolo del padre nel reggimento di cavalleria al servizio del rappresentante delle Claestil nel disperato tentativo di arrestare la marea verde che dai monti del nord si riversava sulle libere genti.

La mascella di Adam si indurì come se cercasse di tener dentro la bocca parole che avvertiva non poter permettersi di lasciar uscire, poi i suoi occhi chiari si fissarono sui due uomini.

‹Intraprendete il vostro viaggio. Io pregherò affinché ci arrivi un segno divino per comprendere chi tra voi sarà il nostro degno rappresentante›.

***

Ma il segno non era ancora giunto.

‹Non mi piace questa nebbia›, mormorò sir Mark Uviolanner, parlando più a se stesso che al compagno. ‹Proprio adesso, al morir del giorno. E così vicino al territorio elfico…›.

‹Chissà›, replicò sir Wurt, più per cortesia che per voglia di parlare.

‹Chissà che forse proprio qui, presso la Foresta delle Fate, si trova il segno che cerchiamo!›

‹Lo spero, cavaliere›, fece l’altro ‹la compagnia invisibile della tensione è snervante. La sento dietro le nostre spalle sin dall’inizio del viaggio›.

‹La tensione accompagna da secoli ormai tutto quanto riguarda la vostra casata…›

‹A che titolo parlate di qualcosa che non conoscete?›

‹Tutti conoscono la triste storia degli Uviolanner!›

‹Un episodio, per quanto meschino non può condannare una schiatta!›

‹E’ vero. Ma questo non significa che io non sappia di cosa parlo!›

‹Chi ha fondato Uviolan, allora? Sentiamo!›

‹Uviolan fu fondata dal nano Drummar figlio di Dagor, signore della roccaforte di Kar-Rag.›

‹No. Questo è quello che dicono tutti, ma in realtà le cose sono andate diversamente. La mia famiglia ha sovvenzionato studi e ricerche per scoprire la verità, ed è emerso che sono stati ritrovati frammenti di legno lavorato dell’antica Aur’om’enion. Negli annali Imperiali c’è annotato che questo sarebbe stato il primo insediamento di un certo Ulavin’os, fondatore di una cittadina, che avrebbe preso da lui il nome. Quindi discendiamo dagli elfi e non dai nani! Ecco cosa succede a parlare di cose che non ci appartengono! Deve parlare il sangue! Tutto il resto non conta!›

La sagoma di una Limsig’ linelai emerse dalle volute di bruma che si andavano addensando sul loro percorso.

‹Qui conviene fermarsi›, consigliò sir Wurt, smontando. ‹Senza avvedercene siamo giunti al limitare della Foresta, procedere oltre sarebbe imprudente›.

‹Temo che abbiate ragione›, riconobbe sir Mark, smontando a sua volta.

Si prepararono poi i rispettivi giacigli, facendo attenzione a non accendere alcun fuoco: ben sapevano, infatti, che una cosa simile mal sarebbe stata gradita dagli spiriti che dimoravano nell’Ostfaircaefel.

‹Pensi che dovremmo istituire turni di guardia?›, chiese sir Mark, esitando con le mani sui lacci del pettorale dell’armatura.

‹I nostri destrieri veglieranno per noi›, rispose sir Wurt, che già si era liberato dell’ingombro. ‹Se saremo rispettosi con la foresta del Popolo della Foglia, questa sarà rispettosa con noi›.

‹Perdonatemi ma credo che vi fidiate troppo.›

‹Perché?›

‹Avete troppa fiducia nelle creature che dimorano tra queste fronde. Esse sono capricciose, imprevedibili. La loro stessa morale è per noi spaventosa e incomprensibile!›

‹Dunque, non vi fidate degli elfi›, constatò il cavaliere ‹eppure vi è pace tra le nostre genti. Da molti lustri ormai. Tuttavia, non mi sento di sostituire la mia coscienza alla vostra. Ritenetevi dunque libero di agire come meglio ritenete opportuno›.

‹Così farò›.

Senza levarsi l’armatura, scompigliandosi i lunghi capelli neri l’Uviolanner si andò a sedere proprio sopra un’altra Limsig’ linelai poco distante.

Si mise la spada di traverso sulle ginocchia.

Si avvolse nel mantello.

Lo sguardo fisso davanti a sé.

E tacque.

 

3

Vicino al territorio elfico si stendono le vaste terre degli orchi i quali, non sono mai riusciti a penetrare in profondità nel reame dei figli delle foglie forse perché nessun bosco o nessuna foresta su tutto Athom è altrettanto ‘viva’ come quelle che si trovano nel territorio degli elfi.

Cronache di Athom

 

Il verso stridulo risuonò una volta, due.

Sir Wurt si destò dal leggero sonno del guerriero, la destra stretta sull’elsa della spada che aveva messo accanto a sé, sotto la coperta di lana.

La nebbia s’era fatta ancor più fitta e gelida.

‹Sir Mark…?›, chiamò, aguzzando gli occhi senza però riuscire a scorgere il compagno da nessuna parte.

‹Sir Mark!›, chiamò ancora, con voce più ferma. ‹Rispondete, Cavaliere!›

Si alzò, arma in pugno.

Perché non rispondeva?

Mosse alcuni passi, guardingo.

Un dislivello improvviso lo sbilanciò, ma riuscì a non cadere sbracciandosi e saltellando come un folle, tra mille imprecazioni.

Urtò dolorosamente contro qualcosa di grosso, spesso e ruvido.

‹Ma questo…›, sgranò gli occhi incredulo per quel che aveva dinanzi.

Un albero!

‹No, no…›, balbettò, del tutto disorientato.

Si allontanò come se si fosse scottato.

Fece alcuni passi in altra direzione.

Il tronco grezzo, adorno di licheni e rampicanti, che si rivelò tra le volute lattee, gli tolse ogni possibile dubbio residuo.

‹L’Ostfaircaefel…›, sussurrò timoroso, ‹sono finito nella Foresta degli elfi! Ma come… Quando…›

 

‹Mentre dormivi›, cinguettò una voce sottile, cristallina.

‹Sognavi come un bambino!›, aggiunse un sibilo.

‹E intanto l’Ostyefaircaefel ti rapiva!›, chiarì una terza voce più perfidamente.

‹Chi è? Chi siete?› s’allarmò sir Wurt, sentendosi circondato.

‹Siamo i tuoi più cupi pensieri›

‹L’eco delle tue più riposte emozioni›

‹I tuoi più vergognosi desideri›

‹Cosa? Che dite?›

‹Tu desideri essere scelto…›

‹Per il Torneo…›

‹Divenire il rappresentante del tuo Barone.›

‹Non v’è alcunché di cui mi debba vergognare, al riguardo!›

‹Ma se non vi fosse sir Mark?› Il sibilo si fece più suadente.

‹Avresti già quel titolo!› Il cinguettio più accattivante.

‹Degno protagonista delle saghe dei menestrelli!› Lo squittio più seducente.

‹Anche sir Mark è degno!› Ribadì l’uomo.

‹Eppure lo odi…› lo squittio divenne spietato.

‹Vorresti che scomparisse…› il sibilo sanguinario.

‹Essere scelto al suo posto…› il cinguettio risoluto.

‹Siamo rivali, ma non lo odio!›

‹Ma se morisse…›

‹Rimarresti tu soltanto…›

‹Se tu lo uccidessi…›

‹Mai!›, si ribellò sir Wurt, sdegnato.

‹E’ inutile che neghi›

‹Non siamo noi forse i tuoi più foschi pensieri?›

‹Non siamo noi forse l’eco più vera del tuo cuore?›

‹Non siamo noi forse i tuoi più empi desideri?›

‹No! Non lo siete!›

‹Uccidilo!› Berciò il cinguettio incalzante.

‹Prendi la sua vita di tua mano!› L’incitò il sibilo mortifero.

‹E diventa così l’unico!› Sussurrò lo squittio affascinante.

‹Siate maledette!›, tuonò il cavaliere. ‹Voi siete streghe, spiriti malvagi!›

‹Siamo parte di te!›

‹I tuoi desideri più autentici!›

‹Riconoscici!›

‹Ciò non sarà mai!›

‹Riconoscici!›

‹E uccidilo!›

‹UCCIDILO!›, gridarono impietose e vibranti le entità.

‹HO DETTO NO!›, gridò più forte Sir Wurt. ‹No! Io vi rinnego, vi scaccio, vi sfido! Lungi da me, empi e indegni pensieri! Il mio onore è la mia vita! Andatevene! ›

Un vento si levò inatteso, facendo turbinare le volute di nebbia che erano scese come un umido sudario a velare ogni cosa.

L’Ostfaircaefel si rivelò nel suo splendore verdeggiante e magico.

Sir Mark giaceva addormentato poco distante, la spada in grembo, la schiena appoggiata contro un tronco robusto.

‹Sarebbe così facile…›, insistettero di nuovo le sottili creature.

‹Dorme…›

‹Infiggergli la spada nel cuore…›

‹Sir Mark!›, chiamò Wurt, ignorando le voci suadenti.

‹Colpiscilo!›

‹Svegliatevi! Sir Mark!›

‹Feriscilo!›

‹Sir Mark!›, chiamò ancora l’uomo, muovendosi verso il dormiente.

‹Sì! Avvicinati!›

‹Mentre dorme…›

‹Uccidilo!›

‹SVEGLIATEVI!›

Le mani guantate lo afferrarono, lo scossero.

E tutto vorticò e scomparve.

 

4

È difficile per chi non è avvezzo alle usanze del Popolo della Foglia, comprendere come essi siano organizzati. Gli elfi sono regolati dalla natura, seguono i suoi ritmi e adottano la sua morale. Morale che spesso agli uomini, ma talvolta perfino agli stessi nani, sembra non esistere.

Cronache di Athom

 

‹Cavaliere! Destatevi, Cavaliere!›

Sir Wurt fissò la snella figura in piedi a un passo da lui.

Scattò a sedere, allarmato.

Poi mise a fuoco i lineamenti aggraziati, gli occhi luminosi, il sorriso disarmante.

Un’elfa!

‹Voi… Chi siete?›

‹Questo non ha importanza›, si schernì l’essere quasi etereo che aveva di fronte con una modestia che il giovane ammirò, mentre il suo sguardo era rapito dalla perfezione della siluette che aveva davanti. Quegli occhi a mandorla color nocciola cancellavano tutto il mondo che aveva intorno. Cancellavano persino il suo nome, il suo passato e il suo futuro. Tutto quello che contava era quel singolo momento. Tutto il resto sembrava lontano e forse solo fantasia.

‹Ciò che ha importanza qui e ora, è ben altro…› la voce dolce e melodiosa lo strappò a quello strano incantesimo.

‹Sir Mark!›, esclamò d’un tratto il cavaliere ‹dove…›.

‹Dimenticatelo.›

‹Ma è il mio compagno!›

‹Wurt…›, sospirò l’elfa ‹non siete giunto qui in cerca di un segno?›

‹Sì, è così.›

‹Ebbene, il più degno è stato designato!›

L’uomo tremò sotto quello sguardo, quegli occhi mettevano a nudo ciò che era con tutti i suoi difetti.

‹Era… era una prova!› lesse la verità in quegli occhi profondi, fatti di mistero e magia.

‹Sì,› ammise la figlia del popolo della foglia.

‹E Sir Mark?›

‹Ha fallito.›

‹No…›

‹Ha ceduto alla sua ombra, ai suoi impulsi più oscuri›, la voce melodiosa era una condanna.

La figlia del Popolo della Foglia si mosse sinuosamente, sfiorò con le sue mani delicate il pettorale dell’armatura riposta accanto al giaciglio scomposto.

‹Sia questo il segno della vostra elezione,› disse poi, risollevandosi.

Mentre il Cavaliere osservava incredulo l’anello di Gidlian’eigil intarsiato da quel semplice gesto apparire sulla robusta armatura, l’elfa batté le mani tre volte.

Tre sentinelle uscirono dal perimetro dell’Ostyefaircaefel, oltrepassarono le Limsig’ linelai, e si accostarono a loro.

‹Avete superato la vostra ordalia, Wurt›, affermò allora l’elfa, solenne, mentre le altre tre iniziavano a prendere il suo equipaggiamento ‹ora lasciate che costoro vi aiutino a indossare le vostre cose e conservate sempre il vostro cuore così com’è ora: limpido, puro, forte. Addio, Wurt di Uviolan!›

***

‹…E questo è tutto›, concluse il racconto il cavaliere.

L’ambasciatore del Popolo della Foglia rimase in silenzio.

‹Ambasciatore…›, osò chiamarlo sir Wurt ‹…è stato… tutto vero? Voglio dire… il risveglio nella Foresta, le voci… oppure…›

‹Un sogno?› Domandò l’elfo alzandosi sinuosamente. Fece un passo verso la finestra. Da lì, in lontananza, le cime dei Monti degli Elfi svettavano orgogliose.

‹L’Ostyefaircaefel è terra d’incanti e meraviglie inenarrabili, cavaliere›, una punta di nostalgia emerse tra le sue parole. ‹Onestamente non so dirvi se la vostra prova sia stata unicamente un sogno o non, invece, realtà. Ma una cosa vi posso assicurare con certezza: voi siete stato giudicato! E trovato degno!›

Si volse, con un rinnovato rispetto nei confronti di quell’uomo laureatosi campione al torneo dell’Imperatore.

‹Siatene fiero!›

‹E… sir Mark?›

‹Posso solo ripetervi le parole dell’elfa che avete incontrato: dimenticatelo!›

 

5

Il Consiglio dei Fiala è formato da elfi anziani e incommensurabilmente saggi. Al di sopra di esso c’è solo la Regina. Ma il nucleo del potere del Popolo della Foglia non è circoscrivibile in un singolo luogo. Sono gli alberi, le foreste stesse e la natura a essere il cuore pulsante di questi esseri, che secondo alcuni studiosi delle ‘Terre’ sarebbero dotati di una mente alveare.

Cronache di Athom

 

Anog’mar incoccò la freccia dall’asta sottile, poi sollevò l’arco lungo e lo puntò verso la figura sbavante e demente che sbraitava insensatezze a pochi passi di distanza.

‹E’ proprio necessario?›

La Sisnet’lenel dell’Ostyefaircaefel abbassò la sua arma, si rivolse all’elfa ferma accanto a lei.

‹Temo di si, Aul’ra›, rispose gentile ma decisa ‹a meno che voi, Regina del Popolo della Foglia, non siate in grado di guarire l’umano dalla follia che lo pervade.›

‹Non possiedo una tale capacità›, dovette riconoscere ella, tristemente.

‹E’ più pietoso dare una morte rapida, piuttosto che condannare un uomo, per quanto indegno, a un’esistenza simile›, sussurrò Anog’mar.

La Regina sospirò, indugiò su colui che un tempo era stato un degno cavaliere delle Claestil.

‹Quanto poco basta a spingere un uomo verso la propria dannazione›, commentò, amara.

‹Non è così per tutti?›, fece Anog’mar, toccata dal dolore di Aul’ra.

‹Lo è.›

‹Non è bene che la Regina assista a quanto sta per avvenire›, disse ancora la Sisnet’lenel, rivolgendosi alle altre sentinelle che erano al seguito della sovrana.

‹Accompagnatela in luogo più consono.›

‹Anog’mar›, la chiamò un’ultima volta Aul’ra.

La guardò, già sapendo quel che gli avrebbe detto.

‹Che non soffra.›

Annuì e poi tornò a concentrarsi su quell’ingrato compito mentre gli altri si allontanavano.

Appena li sentì distanti, tornò a sollevare l’arco.

Tese il nervo con forza calcolata.

L’occhio a mandorla si socchiuse.

E scoccò.