II TROFEO LA CENTURIA E LA ZONA MORTA: I CLASSIFICATO

 
 
 
 
 
SCORIA DI FATA
di IRENE VIBURNO
 

Un completo idiota. Ecco cos’era. Un completo idiota, grigio, meschino e sgradevole come solo un coboldo può essere. E avido. E soprattutto affetto da una malsana convinzione di genialità. Niente di più stupido di un coboldo, tranne un coboldo convinto di essere maledettamente furbo.
Ma con quel nome cosa si poteva pretendere? Gork Testadoro. Che razza di nome è? Ma a cosa pensano le madri cobolde? Per quanto sia comprensibile un certo disordine mentale nel realizzare appieno la bruttezza del marmocchio che si è appena messo al mondo… be’, non dovrebbero cominciare a farci l’abitudine? Cosa si aspettano? Un incantevole bimbo di fata? O magari un grazioso gnometto? Sono coboldi! Fanno schifo per definizione! E le madri dovrebbero saperlo… dovrebbero anche, per amor di decenza, evitare di riprodursi, ma decenza e coboldo non vanno a braccetto e si sa. Comunque dovrebbero organizzarsi prima, trovare un nome che sia, non bello, non si pretende tanto, ma almeno portabile! Gork! Che razza di nome è Gork? Sembra un rutto. E come si può pretendere che uno con un nome che è un rutto cresca meno che disturbato? Eh, no, proprio non si può! Inutile soffermarsi poi sul cognome… se in tutti i cognomi coboldi ricorre la parola “oro” una ragione c’è!… ma Testadoro! Sarà un cognome infelice? E poi, comunque, Testadilegno sarebbe stato se non più decoroso quantomeno più fedele alla realtà…
Questo pensava Leerje, seduta sullo scomodo pavimento della sua cella. Gettò un’occhiata assassina in direzione della pesante porta che la chiudeva in quello spazio angusto scavato nella roccia. C’erano molti simboli tracciati tutto intorno, sulle pareti, sul pavimento, sulla porta, persino sul soffitto… chissà come c’era arrivato al soffitto quello sgorbio, alto come una pigna… in effetti il tratto era vagamente incerto, doveva aver faticato un bel po’…
A Leerje sfuggì un sorrisetto: le sarebbe piaciuto fargli sapere quanto tutte quelle precauzioni magiche fossero inutili, ma tanto lui non le avrebbe creduto… le sembrava di udire la sua voce sgraziata, mentre la scrutava con quegli occhietti maligni e bramosi: “Tutti sanno che le fate sono creature magiche!”
Certo che tutti lo sanno, stupido coboldo! Così come tutti sanno che catturare le fate conduce ad un’orrenda morte prematura! Ma, come già detto, Gork, discendente dell’onorata schiatta dei Testadoro… sebbene la definizione di onorata suonasse alle appuntite orecchie di Leerje quantomeno dubbia… be’, lui aveva studiato! Oh, certo: lui era un mago! E, in quanto tale, convinto di potersi difendere dalla Maledizione.
Ora, pensava Leerje, non ci sarebbe stata alcuna necessità di difendersi da un bel niente, se quell’ispida schifezza cobolda non avesse deciso di scoprire la Magia delle fate!
E, per fare questo, quale metodo migliore che catturarne una?
A onor del vero bisogna anche dire che Leerje alla fine si era lasciata catturare, esasperata dai suoi sempre più macchinosi tentativi e dai suoi continui appostamenti… in fin dei conti, se una stupida creatura decide di suicidarsi in modo doloroso e persegue il suo fine con tanto accanimento, incurante dei ragionevoli tentativi di una fata gentile di dissuaderlo… be’, affari suoi.
Così, Leerje aveva deciso di accontentarlo, almeno l’avrebbe piantata di aggirarsi intorno alla sua casa terrorizzando i bambini del vicinato. Aveva finto di cadere in uno dei suoi astrusi tranelli… domandandosi se esistesse un qualche manuale da cui attingere certe sue complicatissime trappole, qualcosa tipo “Mille e uno modi per catturare una fata”, o se invece si trattasse unicamente di parti della mente di Gork, nel qual caso si chiedeva dove trovasse il tempo e tanto malsfruttato ingegno…
Comunque si era fatta catturare, riportando anche un bel bernoccolo dietro la testa, che i suoi capelli rosa quasi non riuscivano a nascondere, e si era ritrovata lì, in quella cella sotterranea, senza la più pallida idea del tempo che vi aveva ormai trascorso, nutrita male e con un supponente, maligno mago coboldo assurdamente e immotivatamente fiero della propria abilità di sequestratore.
Ma la cosa peggiore erano le conversazioni con il mago, ben deciso ad estorcerle tutti i segreti circa la Magia delle fate e soprattutto circa i loro presunti tesori, salvo poi non crederle mai quando gli diceva la verità…
Lui arrivava, preceduto da tutto un tintinnare di metallo, dovuto in parte all’enorme mazzo di chiavi, che usava per aprire le serrature della porta, e in parte alla profusione di ammennicoli magici, che dovevano servirgli da protezione contro presumibilmente tutte le maledizioni mai scagliate o anche solo pensate da chicchessia, e dava inizio ad una sgradevole conversazione che si svolgeva più o meno così:
Gork, con fare indagatore: “Perché siete tutte colorate?”
Leerje: “Che domanda cretina. Siamo fatte così.”
Gork: “Perché brillate al buio?”
Leerje, perfettamente seria: “Perché così di notte non sbattiamo negli spigoli.”
Gork: “Parlami della Maledizione.”
Leerje, sbuffando: “Non esiste.”
Gork: “Tutti quelli che prima di me hanno catturato una fata sono morti orrendamente.”
Leerje: “Dai tempo al tempo.”
Gork, levando un vittorioso e accusatore dito indice: “Ahah! Quindi c’è una Maledizione!”
Leerje, estenuata: “Non che io sappia.”
Gork: “Non neghi, quindi…!”
Leerje: “Non nego perché non conosco tutte le maledizioni mai scagliate da maghi pazzi del tuo genere. Quindi è corretto dire che non so se qualcuno abbia mai scagliato una maledizione sui sequestratori di fate… ma certo, se l’avesse fatto, non potrei che riconoscergli tutta la mia approvazione.”
Gork: “In un trattato del grande sapiente Verst Oroinpentola…”
Leerje: “Oroinpentola???
Gork, con puntiglio: “Il grande sapiente Oroinpentola…”
Leerje, sghignazzando: “No, dai, stai scherzando…! Ha, ha, ha…! Non si chiama veramente Oroinpentola! Hi, hi…”
Gork, con un evidente fremito delle lunghe orecchie setolose: “Bada ai tuoi modi, fata!”
Leerje, asciugandosi le lacrime lucenti: “Va bene… hi, hi… no, scusa, dai… ora torno seria… Va bene, dai. Ci sono, sono seria. Vai.”
Gork: “Il grande Oroinpentola nel suo trattato descrive i suoi studi su una fata…”
Leerje, con un sospettoso inarcare di sopracciglia: “Che genere di studi? Si appostava fuori da casa sua e sbirciava dalle finestre? Uno così non si chiama studioso, si chiama guardone!”
Gork, ignorandola vistosamente: “Studi sul corpo di una fata…”
Leerje: “Ah, anche maniaco, quindi!”
Gork: “Dalla dissezione del cadavere…”
Leerje, alzando la voce in un acuto doloroso: “Cadavere???”
Gork: “… è emersa…”
Leerje, sollevandosi dal pavimento con un indignato battito d’ali, fin dove la catena assicurata alle sue caviglie glielo permette: “Cadavere??? Quindi guardone maniaco assassino! Ma certo! Il coboldo medio!”
Gork: “… la presenza di due polmoni ausiliari…”
Leerje: “Ora mi dirai che quel maniaco li ha usati per fare uno stufato!”
Gork: “… e un apparato riproduttivo oviparo…”
Leerje, piazzandosi le mani sui fianchi minuti in atteggiamento derisorio: “Ma complimenti! Le fate fanno le uova! Plaudo a tanto acume! Potevi chiedermelo, stupida palla di fango, te l’avrei detto io!”
Gork: “Inoltre…”
Leerje, risedendosi e puntellandosi il mento su una mano: “Magnifico: c’è dell’altro…”
Gork: “Oroinpentola mette in relazione queste peculiarità con l’abitudine dei bambini di fata di andare a giocare nelle grotte…”
Leerje, con un bagliore di sorpresa negli occhi rosa: “Ma va’?… E poi? Che altro?”
Gork: “Il trattato si interrompe qui.”
Leerje, un mezzo sogghigno: “Fammi indovinare: Oroinpentola è schiattato…”
Gork, guardandola con malcelata ostilità: “Questo non ti riguarda. Voglio sapere cosa c’è in quelle grotte. Sono maledette…”
Leerje, sollevando entrambi i pollici: “E vai con un’altra maledizione!”
Gork: “Eppure i vostri strillanti marmocchi luminosi ci giocano di continuo.”
Leerje, studiandosi le unghie con enorme interesse: “Siamo refrattari alle maledizioni.”
Gork, sbottando: “Cosa c’è nelle grotte?”
Leerje: “Sei un coboldo, no? Vai e scava.”
E a quel punto si partiva con una sequela infinita di domande sui presunti tesori celati in quelle grotte.
Tutto questo andava avanti ormai da troppo tempo per la sopportazione della fata, ma un lato positivo finalmente c’era: mentre aspettava la visita quotidiana, Leerje meditava con soddisfazione sul netto peggioramento della salute manifestato da Gork negli ultimi giorni. I suoi radi e setolosi capelli erano sempre più radi, il suo colorito grigio sempre più grigio, i suoi scarsi e acuminati dentini sempre più scarsi…
Sembrava proprio che tutte le sue protezioni magiche non stessero sortendo l’effetto desiderato. Sarebbe stato divertente potergli dire che molto presto lei sarebbe uscita di lì senza grandi difficoltà, che né la serratura del lucchetto assicurato alle sue caviglie, né quelle della porta avrebbero rappresentato un impedimento di più di un minuto per una fata dotata di iniziativa e di una forcina per capelli, quale lei era…
Ma non era ancora il momento, doveva prima assicurarsi che quell’avido mago non potesse più nuocere a qualcuno della sua razza, magari con una bella dissezione degna del suo predecessore, o magari con una più efficace vivisezione come quella che stava già preparando per lei… lo sapeva perché aveva ascoltato il suo intento direttamente dai suoi pensieri: in fin dei conti la Magia delle fate esiste davvero…
Purtroppo per Gork, i suoi piani non sarebbero andati a buon fine, perché lei aveva tutte le intenzioni di svignarsela da lì in tempo utile e con tutta la dotazione di arti e organi che aveva ricevuto uscendo dal suo uovo, ma, forse, prima di andarsene e lasciarlo al destino che si era scelto, gli avrebbe rivelato alcune cose…

… tanto per cominciare il fatto che, da che mondo è mondo, le fate giocano nelle grotte, con l’uranio, e sono radioattive…

07/09/2009,