TUNGUSKA

Tunguska è una località della Siberia nota per essere stata il luogo dell’impatto di un meteorite avvenuto nel 1908… o almeno questa è l’ipotesi più accreditata. La zona prende il nome dal fiume Podkamennaja Tunguska (Tunguska Pietrosa), che scorre nel distretto di Evenkia nella grande regione di Kraj di Krasnojarsk della Siberia centrale.

Alle ore 7.14 locali del 30 giugno 1908 un evento catastrofico ebbe luogo nelle vicinanze del fiume, abbattendo 60 milioni di alberi su una superficie di 2150 chilometri quadrati.

Il rumore dell’esplosione fu udito a 1000 chilometri di distanza. A 500 chilometri alcuni testimoni affermarono di avere udito un sordo scoppio e avere visto sollevarsi una nube di fumo all’orizzonte. A 65 chilometri il testimone Semen Semenov raccontò di aver visto in una prima fase il cielo spaccarsi in due, un grande fuoco coprire la foresta e in un secondo tempo notò che il cielo si era richiuso, udì un fragoroso boato e si sentì sollevare e spostare fino a qualche metro di distanza.

L’onda d’urto fece quasi deragliare alcuni convogli della Ferrovia Transiberiana a 600 km dal punto di impatto. Si ritiene, in base ai dati raccolti, che la potenza dell’esplosione sia stata compresa tra 10 e 15 megatoni (40-60 petajoule). Altri effetti si percepirono persino a Londra, dove, in quel frangente, pur essendo mezzanotte era talmente chiaro e illuminato da poter leggere un giornale senza l’ausilio della luce artificiale.

L’ipotesi più accreditata, come dicevamo, ritiene che la causa del fenomeno sia stata l’esplosione di un asteroide sassoso di circa 30 metri di diametro che si muoveva a una velocità di almeno 15 chilometri al secondo. La deflagrazione del corpo celeste sarebbe avvenuta a una altezza di 8 chilometri. La resistenza offerta dall’atmosfera può aver frantumato l’asteroide la cui energia cinetica è stata convertita in energia termica. La conseguente vaporizzazione dell’oggetto roccioso ha causato un’immane onda d’urto che ha colpito il suolo.

Grazie a una simulazione, alcuni scienziati della NASA e dell’Università del Wisconsin, Christopher Chyba e Kevin Zahnle insieme a Paul J. Thomas, escludono che l’asteroide fosse di natura ferrosa o carbonacea. Nel primo caso infatti, il corpo celeste avrebbe raggiunto il suolo senza frantumarsi; nel secondo caso invece, la deflagrazione sarebbe avvenuta troppo in alto nell’atmosfera per devastare una zona così ampia di taiga. Per ragioni analoghe e per considerazioni sulla densità, i tre studiosi ritengono improbabile che l’evento di Tunguska sia stato generato da una cometa.

Simulazioni più recenti, come quella effettuata da N.A. Artemieva per conto dell’Istituto per la dinamica della geosfera di Mosca hanno confermato la probabile vaporizzazione dell’asteroide avvenuta 5-10 chilometri sopra Tunguska, mentre nel 2007 Mark Boslough per conto del Sandia National Laboratories ha calcolato che l’esplosione fu di circa 3-5 megaton.

La frequenza media di impatti terrestri con oggetti simili a quello caduto su Tunguska è all’incirca di uno ogni 600 anni.

Il primo a effettuare delle ricerche per svelare il mistero di Tunguska e trovare il meteorite che aveva devastato la zona fu il mineralologo russo Leonid Alekseevič Kulik, che credette di identificare il luogo dell’impatto in una foresta abbattuta presso il bacino del fiume Podkamennaja Tunguska alle coordinate 60° 53′ 40″ di latitudine Nord e 101° 53′ 40″ di longitudine est. Tra il 1927 e il 1939 Kulik organizzò ben 4 spedizioni, ma non furono mai trovati il cratere o altre evidenze dell’impatto. Per iniziativa di Kulik, e sotto la sua direzione, fu realizzata nel 1938, anche la prima ripresa aerofotografica della zona colpita dalla catastrofe, ma non bastò. Le stesse foto della foresta abbattuta, fatte da Kulik nel 1927 e 1928, non sono infatti considerate prove convincenti: vi si vedono tronchi abbattuti in perfetto stato di conservazione dopo 20 anni dall’evento, mentre gli unici alberi ancora in vita sono giovani alberelli che possono avere al massimo pochi anni di vita. L’aspetto è quello di una normale foresta appena abbattuta dai boscaioli. La foresta fotografata da Kulik probabilmente fu abbattuta dagli abitanti del luogo, gli Evenki, per farne zona di pascolo per le renne, costruire le loro caratteristiche capanne coniche fatte di tronchi e procurarsi legna da ardere. Tra le altre evidenze che non confermarono la soluzione al mistero, vi sono: i crateri si dimostrarono essere una formazione naturale del luogo dovuta al disgelo, mentre un grosso masso identificato con il meteorite fu riconosciuto invece come un masso morenico. Kulik e i suoi collaboratori comunque si impuntarono nell’affermazione di aver trovato il luogo esatto per non mettere a rischio la loro reputazione di scienziati.

Nonostante la mancanza assoluta di prove oggettive che identificano quel luogo come l’origine dell’evento del 1908, sono state organizzate numerose altre spedizioni scientifiche dal 1950 fino ai nostri giorni. Mediante sofisticate analisi chimiche è stata rilevata la presenza di polveri con elementi rari come nichel e iridio che peraltro si possono ritrovare in natura, specie in zone vulcaniche e in formazioni geologiche antiche come in quel luogo. Ancora oggi si possono osservare in quella foresta vecchi tronchi d’albero abbattuti e sradicati, che peraltro sono presenti comunemente in qualsiasi foresta naturale non frequentata dall’uomo, mentre altre particolarità che potrebbero far pensare alla catastrofe non si notano assolutamente.

A partire dal 1991 il dipartimento di fisica dell’Università di Bologna ha intrapreso una serie di spedizioni in Siberia allo scopo di studiare in loco l’evento e raccogliere campioni da analizzare in laboratorio. La spedizione è costituita da esperti in varie discipline, tra le quali geodinamica, scienze marine, geofisica, geochimica, paleobotanica, provenienti da varie università italiane e russe. Le ricerche, tuttora in corso, hanno permesso di ricostruire una mappa più dettagliata sull’orientamento centrifugo degli alberi abbattuti e il riconoscimento di anomalie negli anelli di crescita degli alberi in corrispondenza dell’anno 1908. Le ricerche indicherebbero come localizzazione del cratere d’impatto del meteorite il lago Cheko, situato a circa 8 km a nord-ovest dall’epicentro stimato dell’esplosione. La morfologia del lago infatti e la struttura dei sedimenti suggeriscono che questo specchio d’acqua sia il sito d’impatto di un meteorite. Il fatto che testimoni oculari dell’evento ricordino il fiume Kimchu, ma nessuno nomini il lago Cheko, confermerebbe l’ipotesi che il lago si sia formato proprio in seguito all’evento di Tunguska. È strano però notare come intorno all’area non siano comunque stati ritrovati reperti di nessun tipo che possano essere ricollegati allo scoppio di un meteorite o di una cometa.

Tra le altre cose, l’evento di Tunguska ha alimentato una ricca letteratura pseudoscientifica viva ancor oggi: attorno alle cause sono stata avanzate numerose ipotesi implicanti UFO, l’antimateria, i buchi neri o altri fenomeni mai dimostrati. C’è persino l’ipotesi che l’evento sia stato causato dall’attivazione della Wardenclyffe Tower di Nikola Tesla. La vicenda ha inoltre ispirato numerose opere di fantasia di diversi media, dalla letteratura al cinema, dalla televisione al fumetto fino alla musica e ognuno ha tentato di dare una propria spiegazione, andando dalla fantascienza all’occulto, dall’horror alla fanta-archeologia.

Comunque sia, il mistero ancora rimane!

Davide Longoni