CLELIA & WILLELM – EPISODIO 09

ELVA – IL NODO DI SALOMONE E I GUARDIANI DELLE PORTE
 
Il Capodanno l’avevo passato a una festa a cui non volevo andare nel modo più assoluto, ma Willelm aveva fatto il diavolo a quattro per andarci.
Voleva svagarsi, diceva!
Da non credere! Uno spirito che risiedeva nel mio corpo senza che io l’avessi mai invitato, pretendeva ora di fare tutto ciò che gli girava per la testa e non voleva sentire ragioni. Tutto sommato però, mi divertii e infine lo ringraziai per avermi obbligato a uscire.
Quella sera, dopo un cenone a base di decine di antipasti, agnolotti al sugo d’arrosto e brasato al Barolo, ci dedicammo a brindisi, balli e qualche gioco, ma la cosa che davvero mi stupì, fu incontrare delle persone estremamente interessanti con cui instaurai fin da subito, un rapporto di confidenza. Era una cosa strana per me, così chiusa e poco disposta a fare nuove amicizie.
Non tardò ad arrivare la spiegazione di questo strano evento.
 
Erano passati una decina di giorni da quella bella serata. Mi svegliai presto e cominciai subito a lavorare. Avevo finalmente trovato il lavoro che faceva al caso mio. Un telelavoro. Era un semplice inserimento dati che potevo fare tranquillamente da casa per una grossa azienda di Torino. Mi occupava circa sei ore al giorno e lo stipendio non era così male; in fondo anche io dovevo pur vivere in qualche modo!
Mentre io lavoravo, Willelm cantava e questo mi mandava in bestia, ma nonostante tutte le mie rimostranze e infine le suppliche, non ottenni altro che un abbassamento del tono di voce. Sembrava che provasse gusto a infastidirmi ultimamente.
Il cellulare, posato sulla scrivania, squillò.
“Pronto?”
“Sono Sandro. Questa sera abbiamo in programma una cenetta con gli altri e poi una gita in un posto magico.” Disse ridendo.
Andava bene tutto, ma sentir parlare di magia, proprio non mi andava.
“Non saprei… ho molto da fare.” Risposi titubante.
“Dai! Vedrai che sarà divertente.”
Sapevo esattamente che non avrebbe mollato fino a quando non mi avesse estorto un sì, così non provai neppure a trovare delle scuse e accettai.
Era tanto che non frequentavo altra gente e forse non era una cattiva idea riprendere un legame col mondo. Sospirai e mi rimisi al lavoro.
 
La mattinata passò veloce tanto quanto il pomeriggio e in men che non si dica mi ritrovai pronta per uscire.
“Sapevo che avresti accettato.” Mi canzonò Willelm.
“Zitto! E’ tutto il giorno che ti sopporto e davvero non ne posso più. Ma non hai qualcos’altro da fare oltre a scocciare continuamente me?”
“In effetti no. Vivo qua dentro da non so quanto tempo ormai e se permetti anche io ho voglia di vivere.”
“Tu sei morto! Non puoi avere voglia né pretendere di vivere!”
“Questo lo dici tu. Comunque, penso che avrai delle belle sorprese questa sera…”
“Cosa intendi?” domandai aggrottando le sopraciglia.
“Lo vedrai.” Rispose ridendo.
“No! Ora me lo dici o giuro che vado da un esorcista e ti faccio rispedire all’inferno.”
“Mamma mia… come sei rabbiosa oggi! Comunque un esorcista non potrebbe fare proprio nulla per te. Non mi pare che tu abbia sintomi di possessione… più facilmente ti prenderebbero per pazza e ti farebbero rinchiudere in qualche bella struttura con le pareti imbottite e poi smettila di essere così sospettosa. Ho detto che avrai delle sorprese, non dei guai.” Rispose un po’ risentito.
Scossi la testa e sospirai, rassegnata mentre scendevo rapida le scale e saltavo in macchina. La temperatura si era abbassata molto e la neve caduta a Natale e prima di Capodanno, era ancora intatta. Guidai fino a Cuneo e parcheggiai in Piazza Galimberti, dove già vedevo il gruppo di amici in attesa.
“Buonasera a tutti.” Salutai mentre mi chiudevo bene il giaccone fin sotto il collo.
“Ciao Clelia!” mi salutarono.
Quasi nello stesso momento, arrivarono anche Erika e Silvia.
“Ci siamo tutti e quindi direi che possiamo andare!”
“Si può sapere che cosa avete in mente?” domandai, felice di essere con loro. Mi davano un sensazione di familiarità e di allegria che da tanto tempo non provavo, pur essendo persone molto profonde e in qualche modo sagge.
“Lo vedrai!” rispose Cristiano con il suo sorriso così aperto.
Con tre auto, andammo a un bel ristorante, a Madonna dell’Olmo, di cui non avevo mai sentito parlare e che mi stupì. Dall’esterno non sembrava altro che una costruzione troppo moderna per accogliere un vero ristorante, ma fin dall’entrata dimostrava un’incredibile buon gusto e grande attenzione per i particolari. Le pareti velate di arancio tenue, un breve corridoio occupato ai lati da aiuole che sapevano di rustico, di vita all’aria aperta. Bellissime composizioni di fiori secchi, chiara ghiaia e alberelli che parevan veri davano l’impressione di percorrere un sentiero campagnolo verso una verace fattoria. Le scale portavano alla sala da pranzo, anch’essa curata nei minimi dettagli. I tavoli ben disposti con le tovaglie di un bel color arancio come le pareti, legno scuro e rustico per le strutture e una vetrata che separava la sala dalla griglia su cui sfrigolava la carne.
L’Alpi Grill era di sicuro un ristorante come pochi e l’accoglienza del personale impareggiabile.
Mangiammo le ottime portate, chiacchierammo per tutta la durata del pasto e infine assaporammo un buon caffè.
“Ora viene la sorpresa.” Intervenne Sandro.
“Sono curiosa di sapere di che si tratta.” Dissi e trovai strano che nessun altro fosse curioso quanto me. Sembravano essere tutti al corrente della sorpresa di cui parlava Sandro, tranne me e questo mi fece sentire a disagio.
“Andiamo allora!” propose Giacomo.
Uscimmo nuovamente nell’aria gelida di gennaio e, appena arrivata in auto, caddi in un sonno profondo e inaspettato.
 
Mi svegliai. La macchina era ferma e tutti sembravano aspettare che dessi segni di vita.
“Ma che diavolo… mi sono addormentata… dove siamo?” chiesi stropicciandomi il viso.
“Perdonaci Clelia. Abbiamo dovuto. Avresti fatto troppe domande a cui non avremmo potuto dare risposta.”
“Cosa stai dicendo?” chiesi preoccupata e sulla difensiva.
“Siamo arrivati… a Elva.”
“E che cosa ci siamo venuti a fare a Elva?” domandai ancora più in ansia. Un posto così fuori mano a quell’ora tarda della sera non era certo una scelta consueta per un gruppo di persone appena uscite dal ristorante.
“Vieni. Capirai quando saremmo davanti al nodo.”
“Senti, non vengo da nessuna parte se prima non mi spiegate cosa sta succedendo. Che nodo?”
“Fidati di noi Clelia. Devi solo fidarti.” Disse Silvia toccandomi un braccio come per rassicurarmi.
“Vai Clelia. Non avere paura.” Disse Willelm dentro la mia testa. Non potevo mandarlo di nuovo al diavolo perché nessuno avrebbe compreso il motivo per cui stavo parlando da sola e io non avevo nessuna voglia di essere presa per matta.
Se a Cuneo faceva freddo, a Elva il gelo ti entrava nelle ossa. Menomale che non ero tipo da mettere gonnelline o vestiti leggeri per le uscite serali perché se no sarei davvero morta di freddo.
Camminammo per alcuni minuti in silenzio, fino ad arrivare alle porte di un cimitero, vicino alla parrocchia di Santa Maria Assunta.
“Ecco. Questo è il nodo di cui ti parlavo.” Disse Sandro indicandomi la porta di legno.
Lo guardai un momento alla luce della torcia portata da Silvia e lo riconobbi per ciò che era.
Il nodo di Salomone. Lo conoscevo bene. Creato in un tempo antico come la preistoria, fu poi adottato dai celti, dai romani, dai Templari e appare in molti luoghi sotto forma di mosaico, decorazione, monile.
In ogni cultura esiste un posto speciale per questo genere di nodi che racchiudono in sé il positivo e il negativo, il mondo che ci circonda e il mondo che non possiamo vedere, ma che esiste. Stabiliscono legami indissolubili tra uomo e cosmo nel senso più vasto del termine. Il nodo trattiene e libera e questo può essere negativo e positivo, a seconda di ciò che sta trattenendo o liberando.
La leggenda vuole che Salomone fosse un giovanotto poco propenso a essere gentile con il prossimo, ma un giorno si ritrovò da solo in un bosco e fu incuriosito da alcuni rumori. Volle verificare di persona e si avventurò tra gli alberi, ma un vortice terribilmente forte d’aria lo investì e lo scaraventò a terra. Voci insistenti gli s’insinuarono nella testa fino a quando non si risvegliò con i capelli strettamente legati in un grosso nodo. Le voci gli avevano intimato di essere più gentile e lui così fece, facendo sciogliere il nodo.
Nelle religioni orientali, i nodi devono essere sciolti perché l’anima possa essere libera da ciò che la trattiene al mondo terreno. Nella stessa cultura romana, il flamen dialis non doveva avere nodi addosso e lo stesso valeva per le donne durante i Baccanali.
Ma il suo significato più profondo è proprio il legame indissolubile tra forze cosmiche e mondi sconosciuti, tra eternità e infinito.
Lo conoscevo bene perché lo stesso simbolo era inciso sull’amuleto che mi aveva lasciato mio nonno e che portavo al collo ogni giorno.
“E’ il Nodo di Salomone, ma non capisco perché siamo venuti fin qui…” dissi a bassa voce, come se avessi timore di disturbare il sonno dei morti.
“Willelm… ora direi che puoi smettere di far finta di non esistere.” Intervenne Silvia e quella frase mi colse alla sprovvista come uno schiaffo a mano aperta.
All’improvviso mi sentivo in trappola, circondata da persone che in realtà non conoscevo e che mi avevano nascosto qualcosa d’importante.
“Sì, direi che la commedia è finita.” Disse Willelm facendosi sentire nell’aria attorno a noi.
“Che significa?” gli chiesi arrabbiata.
“Molte cose stanno accadendo Clelia. Molte cose che non puoi gestire tu da sola. Esiste una donna potente come nessun’altra che trama da secoli per riuscire a distruggere le porte che la tengono relegata fuori dal nostro mondo. Loro sono i Guardiani. Nascono, muoiono e rinascono fin dalla notte dei tempi e conservano memoria di ogni loro vita passata. Ogni volta che rinascono, si ritrovano e ricominciano la loro battaglia. Quella che tu conosci come Silvia, è Aneope, Sandro è Miklos, Giacomo è Philip, Erika è Malea e via dicendo. Sono stati inglesi, italiani, africani, cinesi, ma sono sempre tornati a Cuneo per ritrovarsi e proseguire il loro cammino.
Ci sarà tempo per le altre presentazioni, ma ora è necessario che tu entri in quel corridoio che c’è tra i mondi e i tempi con loro e che accetti di entrare nella loro setta.”
“Vedi Clelia, noi da soli non possiamo far altro che controllare le porte e far in modo che nessuno tenti di aprirle, ma se questo succede… bè, non possiamo far altro che stare a guardare la distruzione. Spesso abbiamo pagato con la vita questa nostra missione, ma non è questo a preoccuparci. In fondo rinasciamo continuamente e quasi sempre tutti nello stesso periodo. Le nostre vite sono legate come questo nodo… ma qualcuno vuole scioglierlo… e se viene sciolto, noi rinasceremo in epoche diverse e non potremmo mai più ritrovarci per custodire le porte. È questo che vuole Alkarios.”
“Io sono l’unica che può far in modo che il nodo non venga sciolto vero?”
“Sì. Tu lo porti al collo e se farai parte della nostra setta, anche questo nodo – indicò la porta del cimitero – non potrà essere sciolto se non per tramite del tuo amuleto. Alkarios non deve passare le porte… mai. Se dovessero riuscire a scioglierlo, solo tu potrai salvarci dalla dispersione eterna.”
“Senza Guardiani alle porte sarebbe la fine Clelia. Non avremmo mai voluto tirarti dentro a questa storia, ma ultimamente, molte porte sono state forzate. Le legioni sembrano più organizzate e combattive del solito. Sembrano prepararsi a qualcosa che non conosciamo, ma che non promette nulla di buono.” Intervenne Willelm. Il momento di smarrimento e rabbia era già passato e in fondo, il fatto di sapere di non essere sola a combattere contro qualcosa di sconosciuto, era per me un sollievo.
Quelle persone mi piacevano e sapere tutta la verità mi rese meno timorosa e mi diede maggior sicurezza.
“Non vi dirò di no se è questo ciò che temete.”
“Sapevamo che non ci avresti delusi. So che è un grande impegno per te perché qualsiasi demone, strega, banshee ti cercheranno per sciogliere il nodo che porti al collo, ma sei anche l’unica in grado di contrastarli.”
Mi sentii arrossire.
“Forza allora. Aprite la porta del corridoio.” Dissi risoluta.
“Sciogli il nodo della sciarpa e delle scarpe.” Suggerì Silvia.
Aveva ragione. Nessun altro nodo doveva esserci oltre a quello di Salomone.
Erika mi pettinò i capelli accuratamente in modo che anche i più piccoli nodini se ne andassero e finalmente fui pronta.
 
I Guardiani appoggiarono le mani alla porta di legno e il nodo s’illuminò un momento prima che la porta venisse come risucchiata da un vortice di luce bianchissima e calda che mi fece rabbrividire.
Li osservai per qualche secondo e poi entrai nella luce passando in mezzo alle loro braccia tese.
Mi ritrovai in un luogo buio, senza pareti, senza pavimento senta soffitto… camminavo su qualcosa che sembrava fatto di pura energia e toccavo muri inesistenti. L’amuleto s’illuminò come quello sulla porta e magicamente si sciolse e si riannodò nell’altro senso.
“Non avere paura Clelia. Ci sono io con te.” Sussurrò Willelm e gliene fui grata.
L’amuleto tornò a essere quello di sempre. Mani artigliate sembravano tendere le pareti di energia, volti distorti e urla terribili. Il nodo ora era su di me e questo non doveva essere piaciuto ad Alkarios…
Forse in futuro mi avrebbe creato non pochi problemi, ma ora non ero più sola… o meglio… io e Willelm non eravamo più soli.
05/05/2009, Simona Gervasone