SFIGA NERA

I
 
Immaginate un uomo. Immaginate che si risvegli al buio dopo aver fatto un brutto sogno. Respira e muove la testa. Qualcosa lo blocca. Muove le mani e tocca il buio.
L’oscurità è ovattata, ma solida.
Nel cervello gli serpeggia angoscia, paura. Pensa che l’incubo non sia finito. Ma, Cristo, lui è lì, sveglio. Quella è la realtà! Pareti tangibili di buio. Si accorge appena di non avere il pigiama, ma una giacca, dei pantaloni…le scarpe.
Tocca, tocca davanti a sé e le mani si fermano a qualche centimetro dal petto. Tocca, spinge…il buio non cede.
Respira, respira ancora e si sente mancare.
Aria! Vuole aria! Dove sei, cielo, dove sei ossigeno?
Poi la paura si trasforma in un ricordo. Una casa, la sua casa; una camera da letto, il suo letto; una donna con cui faceva l’amore…Jenny! Ricorda l’espressione spaventata di lei ed un urlo sopito come da ovatta nelle orecchie.
Confuso, stordito, senza respiro, ha visto una luce e la faccia di un uomo con la divisa del pronto intervento medico.
Poi, niente.
Il nome che la moglie ha gridato…era il suo? Era lui che chiudeva gli occhi per il grande, immenso torpore?
Le mani avanti, toccando il buio, duro come, come…legno.
No, non può essere, pensa. È in una bara, è sottoterra. Lo hanno creduto morto. Urla, urla come un pazzo.
Sfiga, direte voi?
Aspettate, aspettate e vedrete.
 
 
II
 
Quell’uomo sono io e miei sono i ricordi, mia la paura.
Spinsi, picchiai come un disperato. Urlavo: <<Cristo…cedi! Cedi!>>. Respiro affannoso: <<Cediiii!>> e pugni e graffi. Le mani sanguinavano; sentii le unghia staccarsi: un dolore, un dolore lancinante che mi faceva sentire vivo!
<<Sono vivo!>> gridai a squarciagola: <<Vivo!>>.
Cercai nella memoria. A che ora poteva esser stato il funerale? Forse è ancora giorno, pensai, forse c’è qualcuno!
Un attimo dopo, sentii raschiare. Si! Raschiavano! Qualcuno toglieva la terra!
<<Sono vivo! Sono vivo!>> urlai, picchiai, scalciai, mangiando tutta l’aria: <<Aiuto!>>.
Toglievano la terra; presto avrei visto la luce! La luce! <<Presto, fate presto!>>.
Ridevo, ridevo come un pazzo. Terra smossa, terra smossa!
Sentii un “tump” come di qualcosa di pesante che colpisca il legno. Un altro “tump” e poi un altro. Erano, erano passi?
Pensate al buio, all’imbottitura del coperchio, ai suoni che giungono ovattati. “Tump”.
Di nuovo un raschiare, un grattare. Cristo, deficienti, aprite la bara!
Graffiai anch’io, togliendo l’imbottitura. L’aria quasi non c’era più. Soffocavo.
<<Bastardi!>> perché non avevano un’ascia? Perché, perché usavano le mani, le unghie?
Cristo, ma chi era…un cane? Si, pensai, è un cane…lo sento raschiare con le unghie. Ma può un cane rimuovere tutta quella terra?
<<Sono vivo! Aprite!>> urlai. Poi, un crac e un altro: campane, campane per le mie orecchie. Crac: il legno si ruppe. Crac, vidi la luce filtrare dal buco. Crac, con una forza incredibile, il mio, i miei salvatori, tolsero il coperchio.
Ero libero e vivo.
Venni baciato da una falce di luna. Il cielo era buio, calmo. Attorno, dietro le pareti di terra, vidi far capolino un cipresso.
Respirai a lungo, respirai appieno. Poi, un dubbio…un pensiero…
La luna delineò l’ombra del mio salvatore. Un uomo e non un cane. Stava accucciato sulla bara a guardarmi. Lo oltrepassai con gli occhi: dalla sommità dei muri di terra, ne fecero capolino altri due, poi tre, quattro, molti…
 
 
III
 
Le facce pallide contro la luna, i volti di pietra, contorti in un sorriso dalle labbra bianche come la morte.
Puzza di carogna; i vestiti a brandelli e le lingue lunghe, lunghissime, nere come serpi che battono sui canini lattiginosi.
Quello che ha aperto la bara, mi guarda con occhi rossi, ardenti come punte di sigaretta.
Respiro, respiro ancora. Mi manca l’aria.
Paura serpeggia gelida lungo la schiena…una mano di morto si allunga, sfiorandomi il collo.
 
 
IV
 
Urlai, urlai, urlai e urlai ancora.
Affamati, figli di puttana, si gettarono su di me su di me che ero libero, ma non sarei più stato vivo, mai più.
 
Essere chiusi in una bara per errore è sfiga.
Venir liberati dai vampiri…è sfiga nera!
02/05/2009, Marcello Nicolini